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La norma sulla liberalizzazione della cannabis light è stata tolta dalla legge di bilancio – Il Post

Dic 16, 2019

Maria Elisabetta Casellati, presidente del Senato, ha comunicato il giudizio di inammissibilità su alcune norme che facevano parte della legge di bilancio in discussione in queste ore. Casellati ha giudicato inammissibili, in quanto “estranee alla materia”, più di dieci norme, comprese quelle che riguardavano la liberalizzazione della cannabis light, la tobin tax (che prevedeva l’introduzione di un’aliquota su alcuni tipi di operazioni finanziarie fatte online) e una norma che prevedeva lo spostamento dal luglio 2020 al gennaio 2022 della fine del mercato tutelato dell’energia. Casellati ha detto che il giudizio di inammissibilità per estraneità alla materia – che in poche parole sta a significare che secondo lei non era giusto presentare quelle norme all’interno di una legge di bilancio – è dovuto a una «decisione meramente tecnica» e che «prescinde da questioni di carattere politico».

Il giudizio di inammissibilità di cui più si è parlato riguarda l’emendamento sulla liberalizzazione della cannabis light, una norma a cui il centrodestra si era sempre opposto. L’emendamento, presentato da due senatori del Movimento 5 Stelle, prevedeva l’uso «in forma essiccata, fresca, trinciata o pellettizzata ai fini industriali, commerciali ed energetici» di cannabis in cui il contenuto di tetraidrocannabinolo (Thc) fosse inferiore allo 0,5 per cento. Se la norma non fosse stata bloccata, sarebbe stata liberalizzata la vendita e la produzione della cosiddetta cannabis light, che oggi è commercializzabile in Italia ma con molti limiti e divieti.

Per quanto riguarda invece la legge di bilancio, questa mattina il governo aveva comunicato l’intenzione di porre la fiducia sulla votazione, attesa per oggi. Dopo l’eventuale approvazione al Senato, la legge di bilancio dovrà passare alla Camera per una seconda lettura ed è probabile che la legge non sarà aperta a modifiche così che l’approvazione della Camera possa essere quella finale e arrivare prima del 31 dicembre, evitando allo Stato l’ingresso in un periodo di “esercizio provvisorio di bilancio”.

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