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Aumenta la frammentazione del Parlamento dopo il quarto voto in quattro anni. Tutto sembra di nuovo bloccato, ma il socialista Pedro Sanchez dice che «sì, sì, e sì, riusciremo a formare un governo progressista» e avvia i negoziati per formare una coalizione «con tutti i partiti democratici e non violenti»
dal nostro inviato Luca Veronese
10 novembre 2019
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MADRID – «Sì, sì e sì, questa volta riusciremo a formare un governo progressista per sbloccare la situazione politica nel Paese». Nella notte elettorale, davanti a suoi sostenitori a Madrid, il leader socialista rilancia la sfida e invita «alla responsabilità» tutti i partiti «tranne quelli che parlano di violenza e si autoescludono dalla convivenza democratica». Ma Sanchez dovrà fare i conti con un Parlamento ancora più frammentato nel quale la sinistra ha perso forza mentre si è rafforzata la destra , e soprattutto al destra estrema di Vox, terzo partito più votato.
Sei partiti, tre le alleanze possibili, almeno sulla carta, per governare. Ma nessuna maggioranza chiara. Come si temeva alla vigilia delle quarte elezioni in quattro anni.
Socialisti primo partito ma senza maggioranza
Il Partito socialista ha perso quattro seggi in Parlamento rispetto alle elezioni di aprile scendendo a 120 seggi dai 123 che aveva, fermandosi al 28% dei consensi. Resta così il partito più votato ma si allontana ancora di più dalla maggioranza di 176 seggi sui 350 complessivi della Camera.
I Popolari di Pablo Casado sono riusciti a recuperare fino a conquistare 88 seggi (con il 20,8% dei consensi), venti in più di quella che sette mesi fa aveva segnato il loro peggiore risultato di sempre.
Balzo impressionante, e per certi versi allarmante, di Vox: la destra nazionalista e xenofoba ha più che raddoppiato i seggi alla Camera passando da 24 a 52, mettendo assieme 3,6 milioni di voti, cioè il 15,1% dei consensi espressi dagli spagnoli. Un trionfo quello dei neo-franchisti di Santiago Abascal che ha esultato per «la fine della dittatura progressista».
In forte calo Unidas Podemos, il movimento di Pablo Iglesias è sceso da 42 a 35 seggi (con 12,8% dei consensi), punito forse per non avere trovato l’intesa di governo con i Socialisti.
Ma è andata molto peggio a Ciudadanos che ha raccolto solo 10 seggi dai 57 che aveva: il partito centrista e unionista capeggiato da Albert Rivera, stretto tra i popolari e Vox, è stato ridotto alla quasi all’irrilevanza politica fermandosi al 6,8 per cento. Mentre Mas Pais, il partito di sinistra messo in piedi da Inigo Errejon e da altri ex di Podemos è riuscito a entrare in Parlamento con tre seggi (2,3%).