ROMA – Il prospetto informativo, questo sconosciuto. Il 30 per cento degli italiani non è in grado di spiegare correttamente cos’è un’azione o un fondo comune, il 21 per cento non sa cosa sia l’inflazione, e tanto meno è in grado di indicare la relazione tra rischio e rendimento, eppure più del 40 per cento “si riconosce elevate capacità di gestire le proprie finanze”. Salvo poi, nel concreto, affidarsi ciecamente a un consulente senza darsi minimamente la pena di leggere i prospetti informativi dei titoli che si acquistano, o preoccuparsi di raccogliere comunque qualche dato in più rispetto alle comunicazioni dei gestori. Le crisi bancarie in Italia hanno travolto oltre 200 mila risparmiatori, ma evidentemente non hanno insegnato nulla, a giudicare dai dati che emergono dal Rapporto presentato stamane dalla Consob su “Conoscenze finanziarie, attitudini e investimenti delle famiglie italiane”.
Gli italiani si confermano grandi risparmiatori, quando possono: nel 2018 si sono accentuate le difficoltà, per cui le attività finanziarie lorde delle famiglie hanno registrato una contrazione del 3,1 per cento, ben superiore a quella dello 0,5 per cento registrata nell’area euro. E tuttavia, rileva la Consob, “nel complesso la ricchezza netta delle famiglie italiane in rapporto al reddito disponibile rimane superiore al dato dell’Eurozona”. Inoltre torna a crescere per la prima volta dal 2014 il tasso di risparmio lordo domestico.
Cambia la composizione del risparmio degli italiani: anche se tra le aspirazioni campeggiano sempre gli acquisti immobiliari, si comprano sempre più polizze assicurative e previdenziali, e si riducono le obbligazioni. Come tendenza però gli italiani rimangono più che ostili al rischio, anche minimo: due terzi degli intervistati affermano di non essere neanche disposti a investire in prodotti che presentano un rischio molto limitato. Non cambiano nemmeno i ruoli in famiglia: a prendere le decisioni sugli investimenti sono quasi sempre gli uomini (orientamento indicato dai tre quarti degli intervistati).La mancanza di cultura finanziaria si estende alla capacità di eseguire semplici operazioni matematiche: il 54% degli intervistati non è in grado di eseguire un calcolo percentuale. Ma questo non incide sull’ottimismo e sulla fiducia degli italiani: infatti il 28 per cento sovrastima la propria cultura finanziaria, pochissimi si sottostimano. Posti di fronte a domande semplici come cos’è il Bitcoin (ma anche cos’è un conto corrente) soltanto il 4 per cento riesce a dare una defizione corretta dei principali prodotti d’investimento.
Le principali fonti d’informazione sono la famiglia, riconosciuta addirittura come fonte principale della propria cultura finanziaria, gli amici e i conoscenti ai quali ci si rivolge per trovare un consulente di propria fiducia. Divisi tra un affidamento cieco e una diffidenza eccessiva, gli italiani non sono troppo disposti a pagare il servizio, ritenendo nella maggior parte dei casi che la consulenza finanziaria debba essere fornita gratuitamente.
Il Rapporto Consob esamina infine il rapporto degli italiani con gli investimenti sostenibili e socialmente responsabili. Il 40 per cento dichiara di averne sentito parlare, ma solo il 5 per cento si ritiene informato in modo adeguato. Nel complesso, risultano poco noti e quindi anche poco ricercati, anche perché non sono ben chiare le differenze tra questo tipo di investimenti e tutti gli altri. Se la cavano meglio i soggetti più abbienti e con un livello più alto di istruzione e di conoscenze finanziarie, che sono anche in grado di conseguenza di esprimere una domanda per questo tipo di prodotti finanziari.