DIBATTITO A ROMA
Alcuni flussi si sono riorientati sulla piazza milanese. Nel 2018, l’Italia si è posizionata all’ottavo posto tra i paesi fornitori del Regno Unito, mentre rappresenta il nono mercato di sbocco per le esportazioni britanniche
di Andrea Carli
7 novembre 2019
4′ di lettura
La domanda suona un po’ “controcorrente”. E per questo, probabilmente, ha tutte le potenzialità per aprire un dibattito su uno dei dossier più complessi che la cronaca di questi giorni suggerisce: e se Brexit alla fine fosse, più che un rischio, un’opportunità per l’Italia?
L’interrogativo è “rimbalzato” durante un dibattito “a porte chiuse” organizzato mercoledì 6 novembre dalla società di comunicazione e consulenza strategica Comin&Partners, a Roma. All’incontro hanno partecipato il consigliere diplomatico del ministro per gli Affari europei Pierluigi D’Elia, il consigliere della British Chamber of Commerce for Italy Bepi Pezzulli, l’ex ambasciatore italiano a Londra Giancarlo Aragona e Marco Gubitosi, London Managing Partner di Legance Avvocati.
Italia all’ottavo posto tra i paesi fornitori del Regno Unito
Nel 2018, l’Italia si è posizionata all’ottavo posto tra i paesi fornitori del Regno Unito, mentre rappresenta il nono mercato di sbocco per le esportazioni britanniche. Viceversa, sul fronte nazionale, questo paese rappresenta per le esportazioni italiane il quinto mercato e il decimo per le importazioni. Nel Regno Unito risiedono 327mila italiani, sesta comunità all’estero dopo Argentina, Germania, Svizzera, Brasile e Francia; più di quelli che risiedono negli Usa (fonte Rapporto Italiani nel mondo 2019 della Fondazione Migrantes).
«Alcuni flussi finanziari si sono “reinventati”»
A lanciare il sasso sull’ipotesi opportunità, Pezzulli. «La mia sensazione – ha confidato – è che la Brexit per l’Italia sia una grande opportunità. Ma bisogna comprenderla per poterla capitalizzare. Degli effetti benefici si sono già manifestati. Sono due in particolare. Il primo: alcuni flussi finanziari si sono “reinventati”. Ad esempio – ha continuato – un dato molto importante è quello relativo al regolamento dell’Interest Rate Swap. Questo è un mercato che prima dell’ipotesi Brexit era quasi al 100% della piazza finanziaria di Londra. Adesso alcuni flussi si sono riorientati sulla piazza milanese. Milano ha raggiunto un volume di clearing di 14 miliardi al giorno; nel 2016 aveva un clearing di circa nove miliardi al giorno. Un incremento di oltre il 50% dei flussi».
Gli effetti sul mercato finanziario
Il secondo effetto benefico per Pezzulli è dato dal fatto che «il gruppo Lse (London Stock Exchange), che controlla al 100% la Borsa di Milano, ha rimpatriato MTS, che è la piattaforma sulla quale girano i titoli sovrani di 12 Paesi europei. Questo significa – ha spiegato Pezzulli – che la piazza finanziaria di Milano gestisce flussi pari a 20 miliardi al giorno. Tutto questo ha un effetto incredibile sull’economia nazionale, da due punti di vista: il mercato finanziario italiano, in particolare quello interbancario, era molto debole, avevano problemi di liquidità, di funding. Adesso con venti miliardi di liquidità giornaliera migliora molto la tenuta del sistema bancario. La seconda implicazione, di cui nessuno parla, è che di fatto Brexit la parola fine a qualunque ipotesi di uscita dell’Italia dall’euro: nel momento in cui sulla tua piazza finanziaria gira il debito pubblico sovrano denominato in euro di 12 Paesi europei la valuta unica non è più un fattore di svantaggio competitivo ma di vantaggio, soprattutto dal punto di vista della capacità di generare Pil nel settore ad alto valore aggiunto dei servizi finanziari. Poi – ha concluso il rappresentante del British Chamber of Commerce for Italy – è chiaro che questi processi vanno capiti: se poi non vengono accompagnati da politiche lungimiranti è un’opportunità che poi si perde».