Il processo si è concluso con la prescrizione, ma per la Cassazione non ci sono dubbi sulla sussistenza del reato di truffa aggravata allo Stato da parte dell’ex leader della Lega Nord Umberto Bossi e dell’ex tesoriere del partito Francesco Belsito. La sezione feriale penale ha depositato oggi le motivazioni della sentenza – lunghe ben 76 pagine – con cui lo scorso agosto dichiarò l’intervenuta prescrizione del reato, che portò all’eliminazione della confisca nei confronti dei due imputati, mantenendo però ferma quella dei 49 milioni di euro a carico della Lega.
Con “logica motivazione”, osservano i giudici di piazza Cavour, la Corte d’appello di Genova “ha spiegato le ragioni per le quali le ‘macroscopiche omissioni e gli inadempimenti rilevati’ non fossero riconducibili ‘ad una negligente, errata o difforme tenuta della contabilita’ delle spese del partito, bensì – si legge nella sentenza depositata oggi, che ricalca ampi stralci di quella di secondo grado – ad un sistema contabile caotico ed incontrollabile, gestito in modo da occultare la destinazione ad illeciti fini privati di consistenti somme uscite in contanti dalle casse e dai conti correnti del partito e per ostacolare la ricostruzione della effettiva destinazione delle uscite alle voci di spesa contabilizzatè”.
La prescrizione del reato di truffa aggravata contestato all’ex segretario del Carroccio Umberto Bossi e all’ex tesoriere Francesco Belsito mantiene “ferma” la statuizione “relativa alla confisca diretta del profitto dei reati” – circa 49 milioni di euro – “disposta nei confronti della Lega Nord”, si legge ancora nelle motivazioni della sentenza.