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Migranti, con il decreto sicurezza irregolari a quota 680mila

Nov 1, 2019

i nuovi dati

Secondo uno studio di Openpolis e ActionAid gli irregolari sono in costante crescita. Il loro numero potrà arrivare a circa 680mila entro il 2019 e superare i 750mila a gennaio del 2021 (erano 491mila nel 2017).

di Andrea Gagliardi

1 novembre 2019


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3′ di lettura

Aumento consistente del numero di irregolari, che hanno toccato quota 680mila e ritorno alla «prassi disastrosa» di concentrare i richiedenti asilo nei grandi centri sono tra gli effetti del primo decreto sicurezza, secondo uno studio di Openpolis e ActionAid, ad un anno dalla sua approvazione.

Il provvedimento ha sostanzialmente abolito la protezione umanitaria ed è quindi aumentato il numero delle richieste di asilo negate (80%, contro il 67% del 2018). Significa, secondo il rapporto, che in tutto il 2019 il totale dei dinieghi si avvicinerà alla cifra di 80mila persone «che rischieranno di essere estromesse dal sistema e destinate, in gran parte, ad aggiungersi alla popolazione degli irregolari».

Irregolari in crescita costante

Quest’ultima dal 2013 è in costante crescita, a causa principalmente della sostanziale chiusura dei canali legali di ingresso per motivi lavorativi. In questo scenario Openpolis e ActionAid stimano che il numero degli irregolari potrà arrivare a circa 680mila entro il 2019 e superare i 750mila a gennaio del 2021 (erano 491mila nel 2017).

Il trend dei rimpatri

Secondo la nuova normativa, chi non ha visto accolta la domanda di protezione dovrebbe essere mandato in un Centro di permanenza per il rimpatrio (Cpr) per essere poi forzatamente riportato nel paese d’origine. Solo che, evidenzia il rapporto, la capienza dei Cpr ad oggi è di 1.085 posti e la media dei rimpatri annuali non supera le 5.600 unità, in leggera

diminuzione nel 2019. Di questo passo, anche nell’ipotesi impossibile di zero arrivi nei prossimi decenni, occorrerà oltre un secolo e oltre 3,5 miliardi di euro (5.800 euro a rimpatrio) per rimpatriarli tutti. Dunque, è la constatazione, «la stragrande maggioranza di questa popolazione è destinata a restare in Italia senza documenti, senza alternative alla strada, senza la possibilità di trovare casa o lavoro se non in nero o illegale».

Le critricità dei Cas

Non solo. I Cas (Centi di accoglienza straordinaria) che avrebbero dovuto essere la risposta straordinaria e temporanea all’emergenza degli sbarchi, sono diventati la soluzione definitiva. Mentre lo Sprar (Sistema di protezione per richiedenti asilo e rifugiati), che rappresenta il modello virtuoso basato sui centri di piccole dimensioni gestiti dai comuni e che ha dimostrato di sapere produrre l’inclusione sociale e lavorativa degli stranieri, è rimasto largamente minoritario. La proporzione è arrivata ad essere meno del 20% degli Sprar contro oltre l’80% dei Cas. E nei Cas, gestiti dalle prefetture che fanno capo al Ministero dell’Interno, si sono concentrate, com’è noto, la gran parte delle criticità legate alla poca trasparenza, agli scarsi controlli, ai contratti di milioni da euro affidati senza gara e spesso prorogati.

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