Non c’è pace per il Gruppo Volkswagen. Stavolta a finire al centro del mirino è Audi: la casa di Ingolstadt è oggetto di una class action negli Stati Uniti per un presunto defeat device installato sui propulsori a benzina da 3.0 litri, simile a quello già noto dei motori Diesel.
Ad essere coinvolto, quindi, è l’alto di gamma dei Quattro Anelli: A6, A8, Q5 e Q7, ed altri due non ancora identificati. Interessati dalla class action sono oltre 100.000 veicoli, mentre le accuse mosse dalla corte federale di Chicago sono molto gravi: Audi avrebbe incoraggiato l’uso del dispositivo in grado di manipolare le emissioni sino a maggio 2016, ben otto mesi dopo lo scoppio del Dieselgate.
Secondo quanto riportato dal sito Automotive News Europe, né Jeannine Ginivan né Mark Clothier – rispettivamente portavoce di VW ed Audi – hanno voluto commentare quanto accaduto.
Tutto ciò avviene due settimane dopo l’approvazione del Giudice Distrettuale Charles Breyer per il piano da 14,7 miliardi di dollari con cui Volkswagen andrà a ripristinare 480.000 veicoli mossi dal 2.0 litri Diesel. Va altresì ricordato che la multinazionale di Wolfsburg rischia un processo con i possessori delle vetture all’interno delle quali è installato il 3.0 TDI, oltre alle conseguenze legali per aver violato le norme di inquinamento negli USA e in Europa.
Sono dure le parole di Steve Berman, legale della Hagens Berman Sobol Shapiro LLP, lo studio legale che segue i cittadini promotori della class action. «Nonostante il Dieselgate fosse già ben noto a tutti quanti, Audi ha continuato a truffare i consumatori installando il defeat device in altri veicoli» si legge in una nota stampa.