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Eutanasia, caso dj Fabo, storica sentenza della Corte Costituzionale: aiuto al suicidio non sempre punibile – la Repubblica

Set 25, 2019

ROMA. “Non è sempre punibile chi aiuta al suicidio, hanno deciso i giudici della Corte Costituzionale dopo giorni di udienza. Sono passate le otto di sera quando arriva la decisione della Consulta sul caso di Marco Cappato, dell’associazione Luca Coscioni, che rischiava fino a dodici anni di carcere per aver accompagnato Fabiano Antoniani, in arte Dj Fabo, il quarantenne milanese tetraplegico, in Svizzera a morire come chiedeva da anni dopo essersi ritrovato dopo un incidente imprigionato in un corpo come una prigione, completamente cieco.

La reazione è immmediata: “Da oggi tutti più liberi, anche quelli che non sono d’accordo”, dice Cappato: “

Ho aiutato Fabiano perché ho considerato un mio dovere farlo. La Corte costituzionale ha chiarito che era anche un suo diritto costituzionale per non dover subire sofferenze atroci. È una vittoria di Fabo e della disobbedienza civile, ottenuta mentre la politica ufficiale girava la testa dall’altra parte. Ora è necessaria una legge”. “Accolgo questo atteso pronunciamento con soddisfazione – dice invece Valeria Imbrogno, compagna di Dj Fabo – Dà ragione ad una battaglia di libertà che io e Fabiano abbiamo iniziato anni fa insieme. Fa sentire un pò meno il peso di tutta quella sofferenza che ha passato. E’ senz’altro una risposta positiva. Oggi è un bel giorno”

Immediate anche le reazioni critiche: “Di fatto è una legittimazione del suicidio assistito. E’ una sentenza che ci fa molto dispiacere, ci amareggia”, dice Massimo Gandolfini, leader del Family Day, chiamando a raccolta tutti i cattolici per una battaglia in parlamento. “Una brutta pagina con pessime conseguenze”, dice la senatrice forzista Paola Binetti.

Cauta la reazione di Filippo Anelli, presidente della federazione degli ordini dei medici (Fnomceo): “Abbiamo giurato di fare tutto per la salute del paziente, combattiamo le malattie e cerchiamo di combattere la morte, ma rispettiamo, e non potrebbe essere altrimenti, i principi costituzionali. Bisognerà che si legiferi per spiegare come questo principio riconosciuto dalla Corte si possa applicare in Italia”.

La sentenza recita: ” E’ non punibile”, a “determinate condizioni”, chi “agevola l’esecuzione del proposito di suicidio, autonomamente e liberamente formatosi, di un paziente tenuto in vita da trattamenti di sostegno vitale e affetto da una patologia irreversibile, fonte di sofferenze fisiche e psicologiche che egli reputa intollerabili ma pienamente capace di prendere decisioni libere e consapevoli”.

Dopo questa sentenza il parlamento dovrà in qualche modo legiferare in materia: non era ancora uscita che già si muovevano le opposizioni cattoliche, che gia prima avevano dichiarato non esistere un diritto a morire. L’associazione medici anestesisti cattolici, che raccoglie 4000 iscritti, ha infatti dichiarato in anticipo che si appelleranno all’obiezione di coscienza, si rifiuteranno di seguire le indicazioni di chi non ce la fa più.

La corte Costituzionale doveva stabilire se fosse reato, come prevede l’articolo 580 del codice penale, aiutare ad andarsene una persona malata che non ritiene più sopportabile e dignitoso vivere. Già l’anno scorso la Consulta aveva segnalato l’incostituzionalità della norma che parificava l’istigazione al suicidio con l’aiuto. Undici mesi fa i giudici, che avevano chiesto al parlamento di legiferare (avevano dato tempo fino al 24 settembre, senza alcun risultato), avevano stabilito alcuni punti fondamentli che sono stati alla base della decisione.

Se da un lato era impossibile depenalizzare totalmente e genericamente l’aiuto al suicidio, la Corte aveva messo in chiaro i punti base, alcune condizioni specifiche che facevano diventare “ingiusta e irragionevole” la punizione per chi aiuta a morire. Le condizioni sono che si tratti di un malato terminale in grado di decidere pienamente, afflitto da una patologia che gli provoca sofferenze fisiche e psichiche per lui assolutamente intollerabili.

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