Quella è stata l’unica volta in vita sua in cui ha avuto davvero paura. Paura di morire. Paura di essere uccisa. Paura che quell’uomo, che la stava strangolando in una villa in mezzo alla campagna, la facesse scomparire in qualche canale dove non l’avrebbero trovata per chissà quanto tempo.Invece Silvia, così si fa chiamare per proteggere la sua vera identità, è sopravvissuta a quella serata tremenda, ha denunciato il suo aggressore ed è riuscita a elaborare la sofferenza devolvendo il risarcimento a favore di iniziative a favore di altre vittime di violenza. “È stata una scelta importante per me — spiega — Anziché continuare una lunga battaglia legale ho deciso di rimettere la querela e accettare un risarcimento. Ma io per me non volevo tenere un soldo”.
La storia di Silvia è simile a quella di tante altre che finiscono in tribunale. “Quando sono andata dall’avvocato ho pianto tanto mentre raccontavo quello che mi era accaduto — confida — ma allo stesso tempo pensavo che la mia era una storia come tante. Anzi, pensavo a tutte le donne che non sono sopravvissute ai loro compagni violenti”. Eppure sono i dettagli che rendono queste storie tutte diverse. “Era da qualche mese che con quell’uomo ci frequentavamo e avevamo già avuto qualche attrito — racconta la donna — Poi, durante una vacanza, i dissapori si sono fatti evidenti e abbiamo deciso di lasciarci. Appena rientrati a casa io stavo togliendo le mie cose dagli armadi per andarmene quando lui ha realizzato che mi stava perdendo e ha iniziato ad insultami. Mi ha anche sputato in faccia”.
La voce della donna si incrina, ricordando quei momenti. “Mi ha trascinata contro un muro e mi ha stretto le mani al collo. Non respiravo più, ero terrorizzata. Dopo qualche secondo ha mollato la presa: ho fatto in tempo a fare un respiro, poi di nuovo ha stretto forte. A quel punto ho pensato che mi avrebbe uccisa, le gambe cedevano e io ero immobile». Invece l’uomo, appena prima che la donna perdesse i sensi l’ha lasciata libera. «Sono scappata e mi sono messa nelle mani di uno psicologo e di un avvocato. È stata dura, ma mi sono ripresa la mia vita”.
Di qui la decisione di non tenere per sé il risarcimento, ma di devolverlo a qualche ente che possa aiutare chi ha passato le sue stesse traversie. Si è rivolta a Fulvio Rossi, che è stato magistrato alla procura generale di Torino e che da anni si impegna per i diritti delle donne con corsi di autodifesa nella palestra del Palazzo di giustizia e con l’Osservatorio internazionale sulle vittime di violenza. Di fronte ad alcune opzioni suggerite, Silvia ha scelto di fare un bonifico all’ordine degli avvocati di Torino che hanno impiegato quel denaro per invitare tre esperti stranieri
al convegno «I prodromi e i volti della violenza di genere. Come riconoscerli, prevenirli, arginarli» che si terrà a Palazzo di giustizia il 25 novembre, giornata contro la violenza sulle donne. Ad aprire i lavori sarà la storia di Silvia, che con il suo contributo ha permesso di avere al tavolo dei relatori una cattedratica spagnola, un avvocato francese e un giurista tedesco, che metteranno a confronto esperienze virtuose e criticità in tema di violenza.