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Age of Wonders: Planetfall Recensione, strategia spaziale

Set 14, 2019

Age of Wonders: Planetfall è un gioco di strategia a turni che ricade sotto la denominazione 4X – eXplore, eXpand, eXploit, eXterminate – ovvero in linea generale la sua struttura segue queste fasi per determinare la vittoria sul campo. Sei diverse fazioni interstellari cercano di riprendere il controllo di un antico impero decaduto espandendo la propria porzione di mappa con l’esplorazione, la fondazione di colonie, sfruttando risorse e annichilendo le forze nemiche con la forza o annettendole con la diplomazia.

Fin qui niente di nuovo se non fosse che per la prima volta nella sua storia iniziata nel 1999, la serie di Age of Wonders si è lasciata alle spalle il fantasy per esplorare nuovi universi sci-fi. Entrata due anni fa sotto l’ala protettrice di Paradox Interactive, Triumph Studios si trova quindi a dover “competere” in casa con Stellaris, il rinomato gioco strategico su larga scala della compagnia svedese che persegue sempre l’obiettivo – fino a oggi ben riuscito – di portare su console un genere che il pubblico ritiene invece essere prerogativa del mondo PC.


Ci ritroviamo quindi a recensire Age of Wonders: Planetfall proprio nella sua incarnazione console, in particolare nella versione PS4. Per chi è un appassionato di strategici, Age of Wonders non ha bisogno di molte presentazioni, ma per chi non ne ha mai sentito parlare si tratta di un gioco che richiede un ingente investimento di risorse mentali e tanta pazienza inizialmente per apprenderne bene le basi. La saga si fa forte ormai di un mix ben assodato di combattimenti tattici a turni – alla X-COM per citare un altro grande titolo – e costruzione di un impero gestendone popolazione, strutture e rami di ricerca tecnologica.

Il futuro è nel passato

La storia di Age of Wonders: Planetfall non riprende pienamente i classici cliché che ci vedono esploratori e sterminatori di altre forme di vita per una mera voglia di espansione oltre i confini conosciuti, ma bensì si svolge secoli dopo il declino di un già ben formato impero intergalattico noto come Star Union. La sua particolarità principale era l’essere soprattutto abitato da esseri umani, solo una razza era totalmente aliena, i Kir’ko, che vivevano sotto schiavitù. Un cataclisma però ha impedito i viaggi interstellari e ha isolato le varie fazioni che componevano Star Union, costringendole ad adattarsi in qualche maniera.

La modalità campagna snocciola la storia dal punto in cui i viaggi nell’iperspazio sono nuovamente possibili e le popolazioni hanno di nuovo occasione di entrare in contatto. Ciò che ne consegue, e che è interessante ai fini della trama che serve ad accompagnare il gameplay, è l’influenza che il passato ha nel definire il futuro. Prendiamo ad esempio i Kir’Ko, questi grandi insettoni un tempo erano schiavi, ma ora le catene sono spezzate mentre il rancore per l’umanità che li ha a lungo sfruttati è ancora vivo. Nel corso delle 13 missioni – 14 contando il tutorial – vengono quindi introdotte le particolarità che caratterizzano ogni razza, il loro background e come il loro adattamento gli ha permesso di guadagnare alcune abilità e tattiche che in battaglia rendono gli scontri diversi a seconda delle unità che si stanno utilizzando.

Le sei fazioni giocabili sono le Amazzoni, donne guerriere e al tempo stesso specializzate nella bioingegneria, caratteristica che le permette di controllare unità di creature in battaglia e di disporre di tecnologie e regole per terraformare l’ambiente e trarne un vantaggio tattico nell’espansione della colonia. I Syndicate sono schiavisti e detentori del monopolio dei commerci, prediligono i sotterfugi e si spostano sulla mappa di gioco in incognito, mentre in battaglia non vanno sottovalutati perché dispongono di potenti attacchi psionici. Gli Assembly hanno una naturale capacità di ricercare tecnologia essendo la loro evoluzione frutto di operazioni che hanno svolto su loro stessi con tutto ciò che riuscivano a trovare sul campo. La loro peculiarità in battaglia è un po’ la stessa delle Guardie dei Sepolcri in Warhammer: Underworlds: le unità uccise possono tornare in campo.


I Dvar sono nani spaziali che, per rifarci all’immaginario di Warhammer chiamato precedentemente in causa, sono paragonabili ai Kharadon Overlords, con la differenza che invece di aver costruito la loro armata prettamente in cielo, i corazzati veicoli dei Dvar dominano il terreno di battaglia per attacchi ad area o per indebolire e distruggere le difese nemiche. I Kir’Ko cercano di sopraffare l’avversario contando sulla numerosità e si possono potenziare a vicenda stando vicino, rendendo i loro attacchi corpo a corpo molto insidiosi. Infine abbiamo i Vanguard, le unità più vicine a quel concetto blando e ormai familiare di fantascienza. Sul campo di battaglia le truppe possono tenere d’occhio il movimento nemico e ingaggiare quando avviene uno spostamento nell’area di osservazione, mentre sul fronte dell’espansione cercano di mantenere alto l’approvvigionamento delle colonie e perseguono obiettivi diplomatici.

Nel complesso è un buon assortimento di differenti personalità riprese sia da modelli che richiamano altri soggetti della cultura pop, ma al tempo stesso dotati di molti elementi di personalizzazione grazie anche alla possibilità di poter modificare le unità. Ogni leader ha una scheda specifica nella quale spendere punti esperienza o aggiungere mod, mentre le altre unità hanno una crescita automatica ma possono comunque essere migliorate cambiando armi o selezionando nuove tecnologie da implementare come mod. Ciò dà un ampio spazio all’uso di diverse tecniche in battaglia, inoltre essendo il pool di esperienza distribuito tra tutte le unità non è necessario forzare un attacco con una specifica unità solo per farle guadagnare esperienza.

Esplorare per sopravvivere

Oltre alla campagna con obiettivi e quest guidate, si possono creare scenari generati proceduralmente in cui avventurarsi. La struttura più esterna di questi mondi, al loro interno molto ricchi, è quella del pianeta che ospita la vita. Ognuno può essere caratterizzato da differenti biomi che spaziano da aree ghiacciate a deserti includendo anche gli oceani che presentano le stesse possibilità di sfruttamento – a patto che si decida di sviluppare la tecnologia necessaria. La mappa più strettamente di gioco è invece suddivisa in diversi settori che differiscono per tipologia. Ad esempio esistono dei settori chiamati Landmark che non sono altro che resti di molto valore dell’Impero da poter annettere alla propria colonia, così come esistono dei luoghi più raccolti che nascondono al loro interno tecnologie, risorse o anche zone pericolose che se annesse ai propri possedimenti infliggono dei malus.

Le colonie sono la principale fonte di ricchezza, generano energia, conoscenza, cibo e rappresentano il principale motore per la produzione. Il nucleo centrale raccoglie il prodotto dei vari settori provinciali annessi e in esso viene ordinata la produzione di tutte le unità nonché la costruzione delle strutture militari per un esercito più avanzato. Alla difficoltà più elementare il gioco è abbastanza permissivo e anche perdendo qualche turno perché non si sa bene come muoversi, si riesce comunque a portare a casa il risultato. Alle difficoltà più avanzate è essenziale invece inviare le proprie unità scout alla scoperta della mappa, evidenziando così i punti di interesse e programmare un’espansione fin da subito ben chiara in termini di risorse che si vogliono sfruttare e zone che si intende annettere.



La mappa di gioco non è eccessivamente caotica: ogni elemento è ben codificato e facile da riconoscere già dopo poche partite se è la prima volta che approcciate il titolo. Ogni componente dell’interfaccia può comunque essere approfondita a parte, sia per una rapida osservazione che per un più scrupoloso controllo delle meccaniche di gioco. La grande quantità di testo con cui però sono presentate le informazioni potrebbe non essere facilmente digeribile per due motivi: primo fra tutti l’assenza della lingua italiana. L’uso dell’inglese oggi non dovrebbe essere un grande problema ma mettiamo in conto che a qualcuno ciò potrebbe causare qualche fastidio. L’altro difetto è invece rappresentato dalle dimensioni sia del testo che dell’interfaccia. Nonostante si possa modificare la scala, anche alla massima impostazione risulta tutto un po’ troppo piccolo per essere giocato sullo schermo della TV. Su PC non dovrebbe rappresentare un problema essendo la distanza a cui ci poniamo nettamente inferiore rispetto a quella da cui magari guardiamo la televisione in sala.

L’adattamento console si può comunque considerare riuscito anche al netto di qualche sbavatura. La griglia su cui muoversi non è per nulla difficile da navigare con le levette, mentre il combattimento tattico a turni non richiede riflessi e tempestività quindi si può avere tutta la calma per familiarizzare con gli shortcut che permettono di accedere alle principali azioni di ingaggio. È cognitivamente più difficile richiamare alla mente una combinazione di tasti rispetto al puntare direttamente il mouse su ciò che si desidera ma è un compromesso accettabile che permette di poter giocare uno strategico senza dovervi per forza rinunciare. Gli aspetti di gioco poi più importanti sono accessibili da un menu radiale, mentre il grilletto destro aiuta a posizionarsi sulle unità che hanno ancora azioni da compiere.

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