Retroscena
I legami con l’azienda statale russa Rosneft Oil Company aprono scenari tutti da chiarire nell’inchiesta della Procura di Milano sul presunto finanziamento illecito dalla Russia di Vladimir Putin alla Lega di Matteo Salvini
di Ivan Cimmarusti
4 settembre 2019
3′ di lettura
Sono i collegamenti con l’azienda Rosneft Oil Company ad attirare l’attenzione degli inquirenti nell’inchiesta sulla sospetta compravendita di petrolio che avrebbe dovuto creare una presunta «stecca» da 65 milioni di euro per la Lega di Matteo Salvini. Il colosso energetico russo – legato a doppio filo con Vladimir Putin – è citato in un dossier della Guardia di finanza risalente al 2012. Sono annotati finanziamenti e operazioni finanziare sospette, non troppo diverse da quelle fatte con la compagnia petrolifera statale venezuelana PDVSA, al presunto scopo di aggirare le sanzioni Usa nei confronti del Venezuela del presidente Nicolas Maduro.
GUARDA IL VIDEO – Russiagate: chi è D’Amico, il consigliere di Salvini con la passione per gli Ufo
Le ombre sulla società petrolifera legata a Putin
L’inchiesta della Procura di Milano, sul presunto finanziamento alla Lega potrebbe arricchirsi di nuovi spunti. A partire dal dossier, che di fatto ricostruisce in parte finanziamenti non direttamente collegati all’inchiesta milanese, ma che aprono scenari tutti da verificare. Ma andiamo con ordine. Nel registro degli indagati figurano Gianluca Savoini, leghista della prima ora legato a Salvini, l’avvocato Gianluca Meranda e l’ex bancario Francesco Vannucci. Il 18 ottobre scorso incontrano tre soggetti russi, tra i quali Andrej Yurkevich Kaharchenko e Ilya Yakuin, entrambi legati ad Aleksadr Dugin, ideologo del partito di Putin Russia Unita. Si parla di una partita petrolifera: 3 milioni di tonnellate di diesel da consegnare in 6 mesi o un anno. Un’operazione che, a conti fatti, si sarebbe dovuta concludere creando una sorta di plusvalenza da 65 milioni di euro. Denaro, questo, che sarebbe dovuto finire nelle casse della Lega. Secondo i documenti l’operazione sarebbe stata gestita attraverso l’azienda di stato russa Rosneft Oil Company. Non è escluso – ragionano gli investigatori – che la società sia utilizzata dalla politica russa per gestire interessi e influenze su paesi esteri.
GUARDA IL VIDEO – Russiagate, Savoini dettava agenda di Salvini su gruppo whatsapp
La società Orion di Savoini
Il ruolo di presunto mediato di Savoini, relativamente agli accordi petroliferi risalenti al 18 ottobre, potrebbero non essere isolati. Gli investigatori, infatti, non escludono che Savoini abbia compiuto simili mediazioni tra imprese italiane e la Russia, incassando (regolarmente) commissioni per questo lavoro. Si dovrà capire se queste commissioni siano finite, in parte, anche alla Lega. L’attività sarebbe stata compiuta attraverso la società Orion, registrata in Russia. Nel board risulta, assieme a Savoini, anche Claudio D’Amico, consigliere di politica estera dello stesso Salvini. I rapporti di Savoini con l’oligarca russo Konstantin Malofeev sono stati già illustrati. Tuttavia è proprio attraverso questi che l’ex portavoce di Salvini è riuscito a entrare in connessione con importanti ambienti politici. Malofeev è un influente imprenditore – legatissimo al presidente Vladimir Putin e al politologo «anti-europeo» Aleksandr Dugin – che sponsorizza il World Congress of Family, che nel marzo scorso ha organizzato un evento a Verona.