CONVIENE partire da qualche numero per rendersi conto del pachidermico fenomeno. Su Instagram vendono pubblicate 95 milioni di foto ogni giorno da 300 milioni di utenti attivi su base quotidiana. Su Facebook di immagini ne vengono postate circa 300 milioni ogni 24 ore, su Twitter sono invece 80 milioni. Solo per rimanere alle piattaforme principali, che di numeri impressionanti ne hanno da snocciolare a decine. Ma, anche se la scienza ci dice che tante foto ci rendono felici, è sempre necessario pubblicare uno scatto? Spesso sono immagini brutte, poco significative, slavine di selfie imbarazzanti e senza senso, specialmente nei periodi di vacanza. E poi c’è un’altra domanda che i “postatori” seriali conoscono bene: quale sarà lo scatto migliore? Post or Not è la soluzione ai loro crucci: un’applicazione, la prima di questo genere, che ci dice se vale la pena diffondere ai nostri contatti una certa foto o un certo video. Come fosse un focus group personale, dedicato a salvarci da imbarazzi, figuracce, pochi Like, depressioni dall’indifferenza social.
“Nel 2015 ho visitato Los Angeles con mia moglie – racconta con entusiasmo Vikram Kanuganti, fondatore dell’applicazione – abbiamo notato che molte persone si scattavano foto e ci chiedevano di frequente un consiglio su quale dovessero pubblicare su Facebook o Instagram. Nello stesso tempo ho notato una ragazza talmente insicura su cosa postare da scattarsi decine e decine di foto. Così ho capito che c’è un problema: non solo la gente spreca un sacco di memoria sui telefoni ma rimane anche delusa quando i propri scatti non ottengono le reazioni sperate sui social”. Da quell’esperienza l’idea di un semplice sistema di raccomandazione. Un’app, ora in fase beta con migliaia di utenti e in fase di lancio dai primi di settembre per iOS e Android, su cui caricare anonimamente foto e video e attraverso la quale altri utenti, senza possibilità di commentare né di partecipare in altro modo, forniscono il loro giudizio: “felice” o “triste”, buono o cattivo, bella o brutta. Tutto tramite due emoji, quella sorridente e quella mesta.
C’è un meccanismo di following, come su Twitter o Instagram, ma niente commenti né altre interazioni così come nessuna possibilità di scaricare le immagini. Tutto quello che la community può fare è marchiare una foto o un video, indicando il gradimento. Per certi versi ricalcando perfino la logica, un po’ grossolana ma efficace, di Tinder. Solo che in questo caso si lavora gli uni per gli altri, dandosi un aiuto nella gestione della propria immagine sui social. Una sorta di rapido sondaggio allargato e preventivo alla pubblicazione. Ottenuto il giudizio non è poi necessario uscire dall’app per aprire Facebook e Instagram: il contenuto in questione si può condividere direttamente da Post or Not su tutte le principali piattaforme.
Tutto molto utile e divertente. D’altronde, se si considera la mole dell’utenza dei social network (Facebook 1,71 miliardi di utenti, Instagram oltre 500 milioni, Twitter oltre 330) c’è da scommettere che il traffico non mancherà. Anche perché, a pensarci bene, un “grillo parlante” collettivo che ci dica cosa valga la pena rendere noto a chiunque e cosa, invece, sia meglio eliminare dalla memoria (o almeno evitare di diffondere via social) sembra un’idea ben più sensata di molte altre sviluppate intorno all’ecosistema di Facebook & co. Ma come intende guadagnarci, questo startupper indiano di base a New York? “Il modello economico si basa sui brand – risponde – i marchi spendono gran parte del budget in pubblicità e credo che Post or Not possa aiutarli ad aumentare l’efficacia delle loro campagne. Potranno per esempio pubblicare i loro prodotti sull’app e chiedere pareri e giudizi agli utenti, risparmiando troppe indagini su cosa lanciare o cosa ritirare dal mercato perché non piace più ai consumatori. L’account per gli utenti sarà ovviamente sempre gratuito”.