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Il decreto per i risparmiatori nel dl Crescita: così Conte manterrà le promesse

Mar 29, 2019

ROMA – E’ il decreto crescita il cavallo di Troia che il premier Giuseppe Conte intende utilizzare per far passare le norme di attuazione del Fondo di ristoro dei risparmiatori, mantenendo le promesse fatte, prima ancora di giurare al Quirinale, ai piccoli azionisti e obbligazionisti travolti dal crollo delle due banche venete e delle quattro banche del Centro Italia. Nell’ultima versione del provvedimento, circolata nelle ultime ore della serata di ieri, è stato aggiunto un articolo 35 che per ora è vuoto, ma che come titolo ha “Fondo indennizzo risparmiatori” (FIR). Il testo, si apprende, dovrebbe essere quello del decreto attuativo dell’art.38 della legge di Bilancio 2019, che da settimana è sul tavolo del ministro dell’Economia Giovanni Tria, e che è stato oggetto di una delicata trattativa con la Commissione Europea, e di feroci polemiche all’interno del governo. Anche ieri in un’intervista a Repubblica il vicepremier Luigi Di Maio ha ribadito che “il Movimento 5 stelle chiede di firmare i decreti nei prossimi giorni”.

Ma evidentemente o nel governo la destra non sa quello che fa la sinistra, oppure si sta cercando di far passare in sordina quest’altra soluzione, aggirando le perplessità di Tria, che teme di varare un testo che violi le norme sul bail in, e autorizzi l’erogazione di aiuti di Stato, circostanza che potrebbe mettere il ministro nella condizione di dover rispondere di danno erariale, oppure, peggio ancora, i risparmiatori che ricevono gli indennizzi nella condizione di restituire quanto ricevuto, un po’ come è successo nella vicenda delle quote latte.

Il decreto crescita, ha annunciato Di Maio, sarà approvato a brevissima, nel Consiglio dei ministri di lunedì. E dunque le norme di attuazione del Fir avranno vigore immediatamente, salva la possibilità del Parlamento di modificarle in sede di conversione nei sessanta giorni successivi. In questo modo Conte e la coalizione di governo ottengono due vantaggi: il primo è quello di avere subito le norme senza far attendere oltre i risparmiatori, oltremodo imbufaliti, ieri erano in piazza per l’ennesima volta per chiedere che il governo mantenga le promesse ed eroghi i fondi stanziati dalla legge di Bilancio. Il secondo è altrettanto importante: inserendo le norme in un decreto legge, e non in un decreto attuativo, si può modificare quanto previsto dall’art.38 della legge di Bilancio.

L’art.38 prevedeva rimborsi indiscriminati, senza un arbitrato o una sentenza che accertasse il misselling, la vendita fraudolenta. E’ questo il nodo del contendere, la palese violazione della normativa europea. La commissaria alla Concorrenza Margrethe Vestager aveva chiarito che non c’era nessun ostacolo da parte di Bruxelles a un ristoro dei risparmiatori truffati, purché però fosse certo che si trattasse di truffa. I tecnici del ministero avevano provato in tutti i modi a mettere a punto un decreto attuativo che fosse in linea con le norme Ue, senza riuscirci, perché il vero ostacolo era la formulazione della legge di Bilancio, che adesso invece, attraverso un decreto legge, può finalmente essere modificata, dando soddisfazione ai risparmiatori. Si attende pertanto l’ultima stesura del provvedimento, che dovrebbe stabilire i criteri per ottenere un risarcimento immediato, senza arbitrato o sentenza, ma solo nei casi di grave allarme sociale. Tutti gli altri, invece, dovranno dimostrare il misselling.

Il decreto può anche essere l’occasione per correggere altri difetti dell’art.38, o almeno così sperano i risparmiatori che da anni attendono gli indennizzi. La legge di Bilancio non prevede la rivalutazione del valore dei titoli: in questo modo i piccoli azionisti che hanno acquistato vent’anni fa prenderebbero una manciata di spiccioli. Inoltre si dà diritto al rimborso anche a chi ha acquistato i titoli dopo la risoluzione delle banche: in questo modo si avvantaggia chi ha acquistato a titolo di pura speculazione, e non chi invece ha acquistato azioni o obbligazioni subordinate convinto dal proprio consulente bancario, pensando in buona fede di aver acquistato un titolo “sicuro”.

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