L’Invalsi boccia prof e presidi meridionali e promuove i loro colleghi del nord. Rimanda invece a settembre maestre e maestri di scuola elementare. È quello che emerge dall’ultima pubblicazione dell’Invalsi (sul 2017/2018) sul cosiddetto Valore aggiunto – l’effetto della scuola sull’apprendimento di scolari e studenti depurato dalle cause esterne, come la condizione socio-economia-culturale e il livello di preparazione di partenza degli stessi alunni – calcolato sulle competenze in Italiano e Matematica degli alunni italiani. L’argomento è di una certa complessità ma, almeno da parte dell’istituto di via Ippolito Nievo, fornisce la risposta alla domanda che tutti si pongono: le differenze sugli apprendimenti tra alunni meridionali e compagni settentrionali permarrebbero anche se non si tenessero in debita considerazione le situazioni di povertà e di deprivazione di molte regioni del sud? La risposta che arriva dall’Invalsi sembra positiva.
“L’efficacia può essere misurata in termini assoluti o in termini relativi – spiegano gli esperti dell’istituto nazionale di valutazione – e, di conseguenza, la comparazione dell’efficacia delle scuole può essere fatta basandosi sui loro risultati assoluti – o grezzi – oppure sui loro risultati netti, depurati, cioè, dal peso dei fattori estranei all’azione educativa che hanno un’influenza sull’apprendimento”. Il Valore aggiunto serve quindi a calcolare i risultati “netti” dell’intervento didattico delle scuole depurato dai fattori che la stessa istituzione scolastica non è in grado di controllare. “Sui risultati medi da queste (le scuole) raggiunti nelle prove – spiegano dall’Invalsi – incidono diverse variabili: le caratteristiche socio-demografiche degli alunni (la famiglia di provenienza, l’eventuale origine immigrata, il genere, ecc.) e – ciò che più conta – le competenze possedute in Italiano e in Matematica all’ingresso in una certa istituzione scolastica”.
“Queste sono tutte variabili – continuano – che definiamo esogene, in quanto al di fuori del controllo delle scuole, le quali non hanno, evidentemente, la possibilità di modificare la preparazione d’ingresso o l’ambiente sociale di provenienza degli studenti che in esse si iscrivono”. Col Valore aggiunto l’Invalsi è riuscito a “separare l’effetto della scuola sull’apprendimento dei suoi alunni dall’influsso di tutte quelle circostanze che sfuggono al suo controllo”. E siccome la responsabilità dell’azione educativa è in capo, in primis, a docenti e capi d’istituto ad essere promossi o bocciati sono proprio loro.
L’invalsi ha quindi classificato le scuole in cinque diversi livelli: le scuole con valore aggiunto significativamente positivo, quelle con valore leggermente positivo, le scuole con valore aggiunto nullo e due livelli negativi: leggermente e significativamente negativo.
Dalle tabelle pubblicate emerge che, alla scuola primaria (tre le classi su cui si sono concentrate le indagini nel 2017/2018: quinta elementare, terza media e secondo anno delle superiori), tre scuole su quattro (il 73,2%) in Italiano hanno valore aggiunto nullo: non danno agli alunni nulla in più rispetto a quello che ci si attendeva in relazioni alle loro condizioni di partenza. Percentuale che scende al 70% in Matematica. Le scuole con valore aggiunto positivo in Italiano sono il 13,4% mentre quelle con valore negativo sono il 13,3%. Solo poche scuole elementari danno “un contributo specifico all’apprendimento dei propri alunni”. Una situazione che cambia poco in Matematica e che vede un leggero miglioramento nelle regioni settentrionali rispetto a quelle meridionali.
I numeri raccontano un’altra storia passando alla scuola media e al superiore. In terza media, in Italiano, quasi il 27% delle scuole del nord-ovest hanno valore aggiunto positivo, contro il 4% con valore aggiunto negativo. Al Sud, la situazione s’inverte: 27% con v.a. negativo e meno del 10% con esito positivo. Stesso trend al liceo: nord con una maggioranza significativa (dal 18 al 21%) di scuole che mettono in campo interventi efficaci e una minoranza (dal 4 al 7%) con azione didattica poco efficace; sud che arranca col 20/25% di scuole che vedono gli studenti arretrare rispetto alle condizioni di arrivo. Trend che, con percentuali diverse, non cambia nei tecnici e negli istituti professionali dove il nord vanta risultati positivi nel 20% degli istituti mentre il meridione si deve accontentare di percentuali meno che dimezzate. Con il profondo sud e le isole maggiori che precipitano nel baratro: 6% scarso di istituti tecnici con v.a. positivo e 33% con v.a. negativo.