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Chi era Valerio Nobili, un pediatra epatologo che non diceva mai di no se c’era da aiutare qualcuno

Mar 16, 2019

La collega Elena Bozzola, pediatra anche lei al Bambino Gesù, lo incontrava quasi ogni mattina. “Abitiamo di fronte, anzi abitavamo – racconta addolorata, non riuscendo a pensare di dover usare il passato – ci incontravamo al mattino uscendo da casa, oppure al semaforo. E anche a Villa Borghese, dove io andavo in passeggino con i bambini e lui sempre in tuta a correre. E mi diceva ridendo: ‘Elena, tu niente corsa?’. E io rispondevo che con due bambini mi muovevo anche troppo”.

Valerio Nobili era un grande medico, e di lui parla il suo impact factor, quell’indice che rivela la qualità delle pubblicazioni scientifiche. Altissimo. E le sue 250 pubblicazioni scientifiche. “Collaborava con colleghi negli Stati Uniti, Cina, Giappone – ricorda Alberto Villani, presidente della Società Italiana di Pediatria e collega di Nobili al Bambino Gesù – ed è una perdita per la pediatria italiana e internazionale. Per il nostro ospedale e per i bambini. Valerio era giovane, e aveva già fatto una carriera straordinaria, anche se forse in un’altra nazione l’avrebbe fatta anche prima. Lui è riuscito a dimostrare che si può essere di altissimo profilo scientifico ma senza spocchia, era straordinario nella sua normalità. Per me era un fratello, eravamo legati da profonda amicizia e i colleghi mi stanno tempestando di telefonate da tutta Italia. E oggi lo stiamo ricordando nei congressi in tutta Italia, con un minuto di silenzio. Quando muore qualcuno si tende sempre a santificarlo. Ma con Valerio è davvero diverso. Lui c’era sempre, 24 ore su 24. Se lo chiamavamo dall’ospedale alle tre del mattino perché un bambino stava male. O se lo cercava con urgenza un pediatra da un paesino di campagna. Era sempre sul pezzo, come si dice. E faceva tanta beneficienza, sotto traccia”.

Era un uomo innamorato del suo lavoro. “Mi diceva sempre che gli chiedevano di fare la libera professione e lui non poteva dire di no – continua Bozzola – ma che gli piaceva aiutare tutti. E poi aggiungeva, ridendo: “Del resto è mia moglie che porta i soldi”. Era solare, gli volevamo bene. E ci mancherà davvero, non solo perché era un grande medico. Ma perché era umano, gentile. Perché aiutava”.

Nobili si occupava di fegato grasso, una malattia in aumento anche tra i bambini, considerata frutto delle cattive abitudini alimentari del nostro tempo. Soprattutto dell’eccessivo apporto calorico – il 70 per cento dei bambini obesi ha troppo grasso nel fegato – e della scarsa attività fisica. Una malattia spesso senza sintomi, ma che è in sé fattore di rischio per altre patologie epatiche più gravi. “Di più – continua Villani – lui, prima di altri, è riuscito a dimostrare quello che nessuno poteva immaginare: che la malattia metabolica nascesse nelle prime fasi della vita. E che dunque il pediatra è determinante per la vita futura dell’adulto”. E oltre che ospedaliero – al Bambino Gesù faceva parte anche del comitato etico – da un paio d’anni insegnava alla Sapienza. Un epatologo di livello eccezionale, membro sia della società europea per lo studio delle malattie epatiche, che di quella americana.

Ed era soprattutto un grande sportivo. Corsa, bicicletta, socio da anni del circolo Aniene. “Non aveva certamente problemi di cuore. Valerio si controllava, con tutto lo sport che faceva. Ieri mattina a mezzogiorno ci siamo visti al bar dell’ospedale – continua Bozzola – se penso che alle tre del pomeriggio era morto. E che i familiari sono stati avvisati tardi perché non aveva indosso i documenti. Oggi è il compleanno di mio figlio, ma la morte di Valerio, collega e amico, è un momento di grande tristezza. E penso alla moglie. Non avevano figli. E in un momento come questo un figlio ti dà qualcosa a cui aggrapparti”.

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