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Reddito di cittadinanza, il calendario. Dal 6 marzo le domande. Primi soldi a maggio

Mar 4, 2019

MILANO – Tra due giorni i potenziali beneficiari del Reddito di cittadinanza avranno il via libera all’invio delle domande per accedere al beneficio, in una prima tornata che durerà fino al 31 marzo. Il 26 aprile arriveranno gli esiti delle domande, per poi ricevere i pagamenti nei primi giorni di maggio. A fare il punto sul sussidio anti-povertà sono stati i Caf, che hanno spiegato in conferenza stampa i dettagli dell’intesa raggiunta alla fine della scorsa settimana con Inps e governo che li abilita a trattare le pratiche. Precisazioni che arrivano mentre il “decretone” – che contiene la misura simbolo del M5S insieme a Quota 100 – è ancora in via di conversione alla Camera. Al di là del paradosso di avere una misura con testi di riferimento ancora in evoluzione, tornano dunque – nell’ambito delle audizioni – le critiche al testo da parte delle parti sociali interessate alla normativa, con i sindacati che unitariamente criticano i paletti messi agli stranieri e tornano a lanciare l’allarme sul rischio di caos nei servizi pubblici per le uscite anticipate in pensione.

Le domande ai Caf

La Consulta dei Caf ha formalmente approvato in assemblea l’intesa raggiunta venerdì scorso con l’Istituto per la previdenza: i Centri di assistenza fiscale tratteranno le domande per il RdC e le richiste di compilazione dell’Isee dei nuclei interessati. In conferenza stampa a Roma, la Consuta ha spiegato che chi presenterà la domanda per il reddito di cittadinanza tra il 6 e il 31 marzo avrà una risposta dall’Inps tra il 26 e il 30 aprile. L’esito arriverà per sms o via e-mail da parte dell’Inps e, in caso di esito positivo, dalle Poste arriverà un altro messaggio (sempre sms o e-mail) che darà le indicazioni per il ritiro della carta sulla quale, dai primi di maggio, verranno caricati i soldi del beneficio. In caso invece l’Inps dia riscontro negativo, il rigetto della domanda verrà anticipato via sms e farà poi seguito un documento formale con le motivazioni.

Dal punto di vista economico, l’accordo tra Inps e Caf vale 117 milioni: 82 vengono dal bilancio Inps, 35 dal decreto legge e comprendono 20 milioni per la spesa per i moduli Isee e 15 per la compilazione del modulo del reddito cittadinanza. La convenzione impegna i Caf a svolgere attività per 1 milione e 300 mila domande. Se i soldi per il reddito non dovessero bastare, si interromperà il canale di trasmissione per i Caf che quindi non invieranno più all’Inps le domande sul reddito di cittadinanza.

La Consulta, per bocca del coordinatore Mauro Soldini, ha detto che i Centri “sono pronti a dare informazioni, orientamento e assistenza”. Ma ha anche lanciato “un messaggio per i cittadini” invitandoli a “non venire tutti insieme il 6 marzo. Abbiamo – ha spiegato Soldini – tempo come Caf fino al 15 aprile per inviare le domande”.

Le critiche di Cgil, Cisl e Uil

Intanto, come si diceva, prosegue l’iter di conversione del testo alla Camera e arrivano nuovi rilievi da parte dei sindacati. In audizione, Cgil, Cisl e Uil puntano il dito contro Quota 100: “Nonostante alcuni emendamenti vengano incontro all’esigenza di anticipare le procedure di concorso nella pubblica amministrazione per accelerare la tempistica delle assunzioni sussistono i troppi vincoli sulla spesa che, a fronte del pensionamento di decine di migliaia di dipendenti, rischiano di compromettere la garanzia di servizi essenziali”.

Quanto invece al Reddito, la critica unitaria si rivolge al “conflitto di attribuzioni tra Stato e Regioni sul tema delle assunzioni e, di conseguenza, della piena operatività dei cosiddetti ‘navigator’. Il conflitto tra Stato e Regioni su una materia concorrente come quella delle politiche attive, rischia di impattare negativamente sulla buona riuscita dei percorsi di inserimento e reinserimento al lavoro dei beneficiari del Reddito di cittadinanza”.

Dubbi anche sul trattamento previsto per gli stranieri: “Abbiamo ritenuto inaccettabile il vincolo di residenza a 10 anni, per il suo profilo discriminatorio nei confronti dei cittadini stranieri, ancor meno possiamo condividere l’emendamento approvato in Senato che, in deroga alle disposizioni vigenti, condiziona l’accoglimento della richiesta di beneficio, per i cittadini provenienti da Paesi extra Ue, alla presentazione di apposita certificazione prodotta dallo Stato estero, tradotta e legalizzata, comprovante i requisiti reddituali e patrimoniali oltre che la composizione del nucleo familiare”.

Altro punto scivoloso, per le sigle, la facoltà di non accettare un’offerta di lavoro se questa è inferiore a 858 euro mensili (il 10% in più dei canonici 780 euro). Un simile livello di offerta congrua, fanno notare, “corrisponde ad una retribuzione lorda di poco meno di 13 mila euro l’anno” e oltre a “non tenere conto dei salari percepiti da lavoratrici e lavoratori impegnati in alcuni settori o delle retribuzioni di molti lavoratori part-time”, rappresenta una “ulteriore differenziazione della congruità rispetto alle regole del sistema di condizionalità vigente per gli altri percettori di trattamenti di sostegno al reddito, come ad esempio la Naspi”, la nuova disoccupazione.

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