Sette anni. È la condanna inflitta ad Antonio Casamonica, accusato di lesioni e violenza privata aggravate dal metodo mafioso per aver partecipato al pestaggio e alla distruzione del Roxy Bar di via Barzilai, alla Romanina, bersaglio il giorno di Pasqua del 2018 di un raid di esponenti del clan che pretendendo di essere serviti per primi, hanno aggredito e picchiato una ragazza disabile, il barista romeno e poi hanno distrutto il locale. Per l’uomo, l’unico ad avere scelto il rito ordinario, il pm Giovanni Musaró aveva auspicato una condanna a 7 anni e 4 mesi di reclusione.
I giudici hanno dichiarato Casamonica interdetto in perpetuo dai pubblici uffici e in stato di interdizione legale per la durata della pena. Il tribunale ha disposto nei suoi confronti la misura della libertà vigilata per 3 anni una volta espiata la condanna. L’imputato dovrà risarcire 60 mila euro all’invalida civile vittima dell’aggressione e 40 mila complessivi al titolare del bar e alla moglie. Disposti cinquemila euro in favore della Regione Lazio e altri20 mila euro alle altre parti civili.
Gli altri tre aggressori Alfredo, Vincenzo ed Enrico Di Silvio, hanno scelto di essere giudicate con rito abbreviato e sono già state tutte condannate, col riconoscimento del metodo mafioso nell’ottobre scorso: anche per loro il gip aveva riconosciuto il fatto di aver agito con i metodi tipici della criminalità organizzata. Alfredo Di Silvio era stato condannato a 4 anni e 10 mesi di carcere, suo fratello Vincenzo a 4 anni e 8 mesi il fratello Vincenzo mentre il nonno dei due, Enrico, a 3 anni e 2 mesi.Alla lettura della sentenza ci sono stati momenti di tensione in aula. “Vergognatevi schifosi, l’Italia fa schifo” hanno urlato in aula i parenti di Casamonica. I parenti, accompagnati fuori dall’aula dalle forze dell’ordine, hanno poi minacciato e insultato i giornalisti: “Guai a voi se pubblicate le nostre foto”.
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“Questa sentenza – ha detto Giulio Vasaturo, legale di Libera – è un riconoscimento dell’esemplare coraggio delle due donne che hanno denunciato la violenza mafiosa di cui sono state vittime, trovando il concreto sostegno delle istituzioni e della società civile. È una lezione per tutti”.