Arrivano dall’India o dall’Australia, lavorano nelle scuole di campagna del Kenya o insegnano musica nel Bronx, inglese in Giappone o costruiscono robot con i loro alunni arrivati dalle favelas di San Paolo. Sono i magnifici dieci, i professori finalisti del Global Teacher prize che a marzo designerà il vincitore a Dubai. In palio dalla Varkey foundation c’è un milione di dollari da spendere in progetti scolastici.
Tra di loro, per un soffio, non è entrato Giuseppe Paschetto, professore di matematica e scienze capace di insegnare in maniera irrituale e appassionante magari facendo strudel, inventando giochi, mischiando numeri ed emozioni per ricordare meglio. Finalista tra i best 50, scelti tra migliaia di concorrenti, sarà comunque a Dubai, ambasciatore dell’educazione e per insegnare il suo metodo di studio ai colleghi arrivati da mezzo mondo.
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I dieci finalisti raccontano con le loro storie paesi e futuro con lo sguardo di chi, con, capacita ed entusiasmo, immaginazione e duttilità, lavora perché nessuno resti escluso. Nutriti dall’idea che la scuola aiuta, cambia le persone, migliora la società, provano a passare il loro sapere. Come Swaroop Raval, insegnante a Gujarat, India, che si è inventata una metolologia di studio che applica tra i figli dell’elite e i bambini di strada, basata sul teatro e dibattiti, giochi canzoni, disegno perché ognuno riesca sviluppare le sue capacità.
O il georgiano Vladimir Apkhazava che nella sua regione, segnata da povertà, situazioni con genitori all’estero per mantenere le famiglie e violenza domestica, ospita a casa otto alunni vittime di abusi. E ogni mattina in classe lavora per coinvolgere, appassionare chi invece vorrebbe abbandonare lo studio per cercare un’occupazione in Turchia. Ha anche trasformato la gestione della scuola come quella di un piccolo stato affidato alle idee, ai sogni degli studenti.
Tutti i finalisti, docenti di un mondo sempre piu cosmopolita, si battono per l’inclusione, perché la diversità diventi ricchezza e non emarginazione. Come l’olandese Daisy Martens o l’austrialiana Yasoda di origini tamhil, che lavorano affinché i bambini che vengono da mondi e culture diverse imparino la convivenza, e la scuola li aiuti ad entra nel mondo con uguali opportunità. Non importa quale sia la materia che insegnano.
Così Debora Garofalo, docente di scienze, computer e tecnologie ha portato la robotica in una scuola accanto alle favelas di San Paolo dove non avevano mai visto un computer. Melissa invece ha portato musica, strumenti e sogni tra i grattacieli del Bronx. Convinta che grazie alla musica si possano aiutare a cambiare attitudine, comportamenti, fare gruppo , sentirsi qualcuno, sentirsi finalmente bravi in qualcosa per inventarsi un futuro diverso.