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Bagarre fino all’ultimo, la fiducia alla manovra passa tra urla e proteste – La Stampa

Dic 30, 2018

Stavolta non volano gli schiaffi, ma basta la tensione dei commessi della Camera a descrivere il clima che si respira mentre si vota la fiducia sulla “manovra di Natale”. Il personale di servizio di Montecitorio è in allerta, brusco anche con i giornalisti, dopo la rissa sfiorata di venerdì in Aula tra Pd e Lega. C’è il timore che la situazione sfugga nuovamente di mano, le opposizioni vedono la maggioranza in imbarazzo e vogliono infierire. Le premesse ci sono tutte, la giornata inizia con un sit-in del Partito democratico davanti al palazzo della Camera e le cose non migliorano quando la partita si sposta all’interno del palazzo. Alle 21, dopo una giornata di urla, sospensioni dell’Aula e cartelli sventolati nell’emiciclo, il governo incassa la fiducia, 327 i sì contro 228 voti contrari, ma la seduta va avanti fino a notte, perché poi ci sono da votare ordini del giorno e tabelle allegate. Solo oggi arriverà il via libera definitivo alla manovra.

«Bella ciao» in piazza

In piazza il Pd rispolvera “Bella ciao”, i manifestanti sventolano cartelli rossi contro il governo e internet domina anche qui: lo slogan è «manovra contro il popolo», ma declinato sui manifesti in versione “hashtag”, come se si fosse su Twitter. Insieme ai militanti ci sono, tra gli altri, Paolo Gentiloni, Matteo Orfini, Maurizio Martina, Ettore Rosato. Non si vede invece Matteo Renzi .

Ma è solo la prova generale in vista del dibattito in Aula. Fi, Pd, Fdi, Leu – per una volta – sembrano parlare la stessa lingua, tutti mettono sotto accusa la manovra che «aumenta le tasse» e «colpisce i pensionati». Sui banchi del governo ci sono il premier Giuseppe Conte, il suo vice Luigi Di Maio, il ministro dell’Economia Giovanni Tria, il guardasigilli Alfonso Bonafede. Manca invece Matteo Salvini, ma c’è il sottosegretario Giancarlo Giorgetti a monitorare tutto.

L’ira di Forza Italia

I leghisti soffrono soprattutto gli attacchi di Fi, Giorgio Mulè pronuncia la dichiarazione di voto per il partito di Silvio Berlusconi e usa toni che non si distinguono da quelli del Pd o di Leu: «Votatevela da soli la manovra dello sbandamento e dello smarrimento, festeggiate magari con una di quelle pagliacciate modello balcone di palazzo Chigi». Non solo, subito dopo l’intervento, i deputati di Fi indossano dei gilet azzurri con scritto «basta tasse», «giù le mani dal no-profit», «giù le mani dalle pensioni». Intervengono i commessi e Fico sospende l’aula. La protesta continua in transatlantico, con i parlamentari berlusconiani che intonano anche cori da stadio. Poi tocca al Pd e Graziano Delrio rinfaccia il condono edilizio: « Avete fatto il condono edilizio e fiscale. I milioni di cittadini onesti che cosa devono dire di voi? I cittadini onesti sono stati umiliati dai vostri provvedimenti».

Fico nel mirino

Ma la tensione sale davvero quando parla Teresa Manzo,M5s, che si rivolge così al Pd: «Avete favorito i truffatori e non avete tutelato i truffati». Di nuovo il Pd insorge, partono urla dai banchi dei democratici e nel mirino c’è il presidente della Camera che non ha interrotto la Manzo. Fico obietta: «Censuro tutti sempre allo stesso modo, se vanno censurati». Insiste Roberto Giachetti che incalza Fico citando il regolamento della Camera: «Lei non sfugge, non può sfuggire da una sua responsabilità». Alla fine Fico concede qualcosa: «Leggerò il resoconto stenografico e potrò anche affermare che un comportamento o delle parole di un certo tipo che offendono gli altri parlamentari di qualsiasi gruppo politico vanno censurati, su questo non c’è dubbio». E i renziani gongolano perché Fico, ora, è meno spendibile per un possibile dialogo tra Pd e M5s.

L’ultimo atto è subito dopo la proclamazione dei risultati. Il Pd tira fuori i cartelli che aveva già usato in piazza. Il presidente di turno Fabio Rampelli è costretto a intervenire: «Mettete giù i cartelli, colleghi deputati. Non siamo al circo Orfei». Il voto di fiducia, finisce così.

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