Due procedimenti, due diverse parti offese, due diversi imputati ma un’unica sentenza, copiata e incollata per di più in modo maldestro. Al tribunale civile di Palmi condannare un giornalista a un pesantissimo risarcimento danni sembra essere molto facile, basta scrivere una sentenza in facsimile. È successo ad Agostino Pantano, ex redattore di “Cronache del garantista”, testata locale naufragata qualche anno fa, trascinato in tribunale e condannato a 50mila euro di risarcimento danni per una serie di articoli riguardanti alcuni politici locali. Una pronuncia pesante, che il Got, il giudice onorario chiamato a definire la causa, avrebbe motivato copiando e incollando buona parte del provvedimento da una precedente sentenza, emessa nei confronti di un altro giornalista e per tutt’altra vicenda.
A svelarlo – denuncia il legale del cronista, l’avvocato Salvino Galluzzo – una serie di errori evidenti, a partire dal nome dell’imputato. Nella fretta di metter nero su bianco i motivi della condanna, il Got – un avvocato che spesso si offre come giudice onorario – ha “riciclato” una vecchia sentenza, scritta un paio di anni prima per condannare un altro giornalista, dimenticando però di modificare il nome dell’imputato, così come il numero degli articoli “incriminati”. Risultato, per buona parte del provvedimento si “condanna” un altro giornalista, di un’altra testata, che non ha nulla a che fare con gli articoli oggetto del procedimento e non si è mai neanche occupato dell’argomento. “Il diritto di cronaca è stato giudicato e punito da un dispositivo che, nel caso che riguarda Pantano, consta di 11 pagine e nella sostanza si esplica lungo 335 righe, ben 237 delle quali sono copiate parola per parola – errori compresi – dal precedente pronunciamento che presenta uguali caratteri grafici e identica impaginazione” dice il legale del cronista. E ovviamente annuncia ricorso.