Fino a quando l’accordo di uscita non entrerà in vigore, il Regno Unito potrebbe decidere unilateralmente di restare nell’Unione Europea. È quanto ha stabilito la Corte europea di giustizia alla vigilia del voto in Parlamento sull’accordo raggiunto tra Londra e Bruxelles dopo il referendum sulla Brexit.
I giudici di Lussemburgo hanno stabilito che, “quando un Paese membro ha notificato al Consiglio europeo la sua intenzione di ritirarsi dall’Unione Europea, come ha fatto il Regno Unito, quel Paese membro è libero di revocare in modo unilaterale quella notifica”.
E quella possibilità, sottolineano, “esiste fintanto che l’accordo di ritiro concluso tra l’Ue ed i Paesi membri non è entrato in vigore”, cioè nel caso del Regno Unito l’1 aprile 2019, o “nel caso in cui tale accordo non sia stato concluso, finché non sia scaduto il periodo dei due anni dalla data di notifica dell’intenzione di lasciare l’Ue o ogni sua estensione”.
Martedì 11, Theresa May cercherà in Parlamento il via libera all’accordo, ma negli scorsi giorni è cresciuta l’ipotesi che il governo si spacchi davanti all’ipotesi di un secondo referendum sulla Brexit. Il Guardian ha delineato un quadro sempre più complesso per la premier britannica: secondo l’autorevole quotidiano, la premier appare ormai “preparata a nuove dimissioni di ministri e collaboratori che vogliono un altro referendum” dopo quello del 2016 “o che credono che l’accordo raggiunto” dal primo ministro con l’Ue “non garantirà la Brexit”.