Malebolgeè un romanzo breve che fa seguito a L’indesiderato, ma si può leggere serenamente come opera a sé stante. Abbiamo una storia di fantascienza che si potrebbe ascrivere al sottogenere della space opera, facendo un piccolo sforzo di immaginazione. È ambientata in un futuro non troppo remoto, nel quale il genere umano ha colonizzato buona parte del sistema solare, riuscendo nel contempo a generare problemi direttamente proporzionali allo spazio occupato.
E siccome gli esseri umani non cambiano, si è reso necessario costruire più prigioni. Compreso Malebolge (ma il nome corretto sarebbe Istituto Correzionale Orbitante III-G), una struttura correttiva che, concordano le voci narranti, è più che altro un campo di concentramento dove i detenuti sono costretti a lavorare fino alla morte. Fine che, fortuna loro, non tarda ad arrivare.
La storia è narrata in prima persona e a due voci. Quella della prigioniera Ciaula e quella dell’ispettore capo Amendolia, che si reca alla prigione per interrogare un prigioniero, alla ricerca di una svolta in un’indagine. Un evento violento e improvviso incrocia i loro destini. Lei è alla ricerca di libertà, e forse vendetta. Lui si troverà suo malgrado costretto a inventarsi un modo per salvarsi la pelle.
Centamore ha uno stile veloce e figurato, cinematografico sotto molti aspetti e incisivo nel descrivere l’azione. Una descrizione che occasionalmente è fin troppo precisa, nel modo in cui racconta i movimenti delle membra, le espressioni, i colpi e il sangue – che comunque non è troppo e di certo non siamo allo splatter. L’autore non è particolarmente generoso con le metafore ma riesce a distinguere bene i due personaggi, dando a ognuno di loro un linguaggio e uno stile riconoscibile.
La narrazione è sempre in prima persona e al presente. Il testo non segnala, se non con un capoverso in più, il passaggio da Ciaula ad Amendolia e viceversa. La prima volta può risultare spiazzante, non si capisce subito che è un altro personaggio a parlarci. Ma basta poco per capre come cambiano il tono, il lessico, la personalità della voce narrante; Centamore ha elaborato piuttosto bene questa tecnica, con un risultato armonico ed elegante.
La voce della prigioniera è piena di rabbia, le frasi sono spezzate e infarcite di volgarità, c’è un mix di rancore e paura. Teme ciò che può accadere e le persone che ha intorno, e allo stesso tempo trova forza nel suo passato – prima da militare e poi da regina del crimine. Amendolia, di contro, ha una voce più pacata a riflessiva; sembra quasi guardare da lontano agli eventi di cui è protagonista. Non è senza emozione, ma il suo racconto è meno trafelato e più profondo.
Il tempo verbale cambia per un notevole frammento del testo, quando Centamore sceglie il passato remoto per gestire un importante flashback. Cambia anche l’ambientazione, e si passa dall’oppressivo carcere spaziale – anzi da una singola, piccola stanza – agli spazi aperti di Marte. Qui l’autore si lascia andare a una narrazione più tipicamente Sci-Fi, con un territorio martoriato da esperimenti di terraformazione maldestramente abbandonati.
Marte in questo libro non è più sé stesso, ma non è riuscito a diventare la terra promessa che avrebbe dovuto essere. Non è più così rosso, con un’atmosfera rarefatta e persino qualche tentativo di vita destinato al fallimento. Ed è ancora un inferno per gli sventurati che calcano le sue lande. I lettori più attenti alla precisione scientifica potrebbero avere da ridire su alcuni dettagli, che passeranno inosservati agli altri.
Malebolge è ricco di azione, raccontata con un linguaggio veloce. Non è troppo sofisticato, e trova nella semplicità (della trama e del linguaggio) la sua arma, insieme alla coerenza stilistica e ad alcune trovate narrative degne di nota. Lo si legge con piacere e si arriva piuttosto in fretta alla fine. Il finale non è di quelli esplosivi, forse persino prevedibile, ma è utile per tirare il fiato: ci si arriva dopo una gran corsa di eventi, parecchie scene di azione e qualche morto. Ti fa pensare che il protagonista si meriterebbe un po’ di riposo. Chissà se Fabio Centamore glielo concederà, nel prossimo libro.