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Torino, scoperto il meccanismo dell’atassia: passi in avanti nella ricerca su Parkinson e Alzheimer

Dic 4, 2018

Scoperto all’Università di Torino il meccanismo che provoca l’atassia, cioè la perdita della capacità motoria che ha un ruolo importante in malattie come il morbo di Alzheimer e quello di Parkinson, e che è la terza causa di disabilità negli anziani. Una circostanza che offre nuove opportunità per la lotta a queste malattie neurodegenerative.

In un lavoro pubblicato sull’importante rivista internazionale “Neurobiology of Disease”, i gruppi di ricerca del professor Alfredo Brusco (Dipartimento di Scienze Mediche dell’Università di Torino) e del professor Filippo Tempia del Nico, il Neuroscience Institute Cavalieri Ottolenghi, docente al dipartimento di Neuroscienze Rita-Levi Montalcini dell’ateneo torinese, hanno chiarito il meccanismo attraverso cui insorge e si sviluppa una forma di atassia ereditaria chiamata SCA28. Nel 2006 gli stessi gruppi avevano contribuito alla scoperta del gene AFG3L2 che, se mutato, causa la patologia.

I movimenti quotidiani dell’uomo prevedono una coordinazione inconscia operata dal cervelletto, la parte più antica del cervello. La perdita di questa capacità, chiamata appunto “atassia”, è un sintomo comune a molte malattie neurologiche. Una parte delle atassie è ereditaria ed ha causa genetica: un singolo gene, tra i 20mila che compongono il nostro genoma, muta, non riuscendo più a sintetizzare la proteina corrispondente, oppure ne sintetizza una malfunzionante. Questo provoca nei pazienti una progressiva e irreversibile degenerazione del cervelletto, ma le ragioni per cui questo fenomeno avviene sono spesso ignote.

La ricerca dei docenti torinesi, iniziata oltre 10 anni fa, condotta sui topi dalle dottoresse Cecilia Mancini ed Eriola Hoxha grazie al supporto della Fondazione Telethon, ha però aperto nuove possibilità. Grazie a tecniche di biologia molecolare i ricercatori hanno introdotto nel genoma del topo una variante del gene AFG3L2 presente nei pazienti, generando così un modello murino di atassia SCA28. Come nell’uomo, i topolini hanno sviluppato una forma di malattia lieve, visibile solo nell’età adulta e lentamente progressiva.

“Lo studio in laboratorio ci ha permesso di scoprire che la malattia è causata da un difetto nella funzione dei mitocondri, le cosiddette centrali energetiche della cellula – spiega Brusco – Nella SCA28 la proteina AFG3L2 non funziona correttamente, e i mitocondri assumono una forma anomala perdendo progressivamente la capacità di sintetizzare ATP. La causa di questo “malfunzionamento” sta nel ruolo di AFG3L2, che ha il compito di ripulire i mitocondri dalle proteine anomale o degradate. Nella SCA28 i mitocondri accumulano questi prodotti di scarto senza riuscire a eliminarli: a lungo termine funzionano sempre peggio provocando un danno cellulare”.

Ora però si aprono nuovi scenari medici: “Questo meccanismo, noto come “proteostasi mitocondriale”, è importante nell’invecchiamento ed è coinvolto in altre patologie neurodegenerative più conosciute, come il morbo di Alzheimer e il morbo di Parkinson – aggiunge Tempia – I risultati sui topi ci hanno permesso di individuare alcuni farmaci in grado di inibire la sintesi di proteine mitocondriali, e che potrebbero essere in grado di invertire il processo patologico e rallentare o impedire la progressione della malattia”. La scoperta è frutto della collaborazione di numerosi ricercatori di centri nazionali e internazionali: oltre all’Università di Torino, anche quelle di Milano e Bologna, l’Istituto San Raffaele di Milano e l’Istituto di Biotecnologie dell’Università di Helsinki.

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