MILANO – Ore 9:15. Gli occhi degli investitori si puntano sul G20 di Buenos Aires, dal quale il ministro dell’Economia, Giovanni Tria, continua a giocare la partita per la Manovra italiana cercando di tenere insieme le posizioni del governo e quelle di Bruxelles: “Nessuno vuole arrivare alla procedura di infrazione”, dice dal summit, ma “bisogna vedere se è possibile evitarla”, aggiunge. Il tema cardine resta comunque la guerra commerciale tra Usa e Cina, in attesa di capire se Donald Trump e Xi Jinping riusciranno a scambiarsi parole di distensione a margine dell’evento. Secondo gli osservatori, dal faccia a faccia non sono da attendersi indicazioni chiare che puntellino la via verso la distensione, ma è auspicabile arrivino intenzioni di massima di disgelo.
I listini europei aprono incerti, dopo la mattina di cauto ottimismo in Asia. A Milano, il Ftse Mib avvia gli scambi in rialzo ma subito scende in negativo dello 0,2%. Carige è positiva dopo il piano di rafforzamento del capitale annunciato ieri. Scambi contrastati nel resto del Vecchio continente: Londra è in lieve calo, come Francoforte e Parigi. Tokyo ha segnato un rialzo dello 0,4%, con lo yen stabile sul dollaro a 113,30. A mercati ancora aperti sono in rialzo Hong Kong (+0,4%), Shanghai (+0,8%), Shenzhen (+0,9%).
Lo spread tra Btp e Bund tedeschi si conferma sotto 290 punti base in avvio di giornata, a quota 286 con il titolo decennale tricolore che rende il 3,18% sul mercato secondario. Sul fronte macroeconomico sono attesi i dati sul Pil, inflazione e tasso di disoccupazione dell’Italia. I dati dell’inflazione e del tasso di disoccupazione nell’Eurozona, Italia e Francia. In Germania, le vendite al dettaglio hanno deluso le attese calando a ottobre dello 0,3% sul mese precedente. Hanno però segnato un rialzo del 5% annuo, top da un anno e mezzo. Dagli Usa in arrivo l’indice Pmi Chicago. L’euro apre stabile a 1,1390 dollari, in attesa del vertice Trump-Xi a margine del G20. La moneta europea passa di mano a 129,18 yen.
I contraccolpi della guerra commerciale sull’economia reale preoccupano intanto Pechino: l’attività manifatturiera in Cina ha registrato un ulteriore calo a novembre, attestandosi al livello più basso da luglio 2016. L’indice Pmi pubblicato dall’ufficio nazionale di statistica (bns), infatti è sceso a 50, rispetto al 50,2 del mese precedente, una “soglia critica” secondo l’istituto. Questo barometro, basato in particolare sui libri ordini delle aziende, è considerato come indicatore della situazione futura: una cifra superiore a 50 indica un’espansione dell’attività e, inferiore, invece, una contrazione. Il nuovo rallentamento arriva mentre la cina deve affronta le sanzioni commerciali dall’amministrazione statunitense. Tuttavia, tra i componenti dell’indice, i nuovi ordini di esportazione, pur rimanendo al di sotto di 50, hanno guadagnato 0,1 punti a 47. Segnali positivi, invece, dal Giappone con la produzione industriale che ha rimbalzato a ottobre del 2,9%, dal dato rivisto di un -0,4% in settembre. La disoccupazione nel Sol Levante è salita leggermente (0,1 punti) al 2,4%.
Tra le materie prime, il petrolio prova il recupero dopo che anche la Russia, secondo quanto ha riferito l’agenzia Reuters, si è detta disponibile a tagliare la sua produzione petrolifera per far fronte all’eccesso dei rifornimenti. Sui mercati asiatici i future sul Light crude Wti avanzano di 9 ceny a 51,54 dollari e quelli sul Brent crescono 4 cents a 59,55 dollari.