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“L’Italia recuperi l’Ici non versata dalla Chiesa”: la sentenza della Corte Ue

Nov 6, 2018

Lo Stato italiano deve recuperare l’Ici non pagata dalla Chiesa: è quanto hanno stabilito i giudici della Corte di giustizia dell’Unione europea, annullando la decisione della Commissione del 2012 e la sentenza del Tribunale Ue del 2016 che avevano sancito “l’impossibilità di recupero dell’aiuto a causa di difficoltà organizzative” nei confronti degli enti non commerciali, come scuole, cliniche e alberghi. I giudici hanno ritenuto che tali circostanze costituiscano mere “difficoltà interne” all’Italia”. Respinto invece ricorso sull’Imu.

Il ricorso accolto dalla Corte di giustizia è stato promosso dalla scuola elementare Montessori di Roma contro la sentenza del Tribunale Ue del 15 settembre 2016, che in primo grado aveva ritenuto legittima la decisione di non recupero della Commissione europea nei confronti di tutti gli enti non commerciali, sia religiosi sia no profit, di una cifra che, secondo stime dell’Anci, si aggira intorno ai 4-5 miliardi.

La Commissione aveva infatti riconosciuto all’Italia la “assoluta impossibilità” di recuperare le tasse non versate nel periodo 2006-2011 dato che sarebbe stato “oggettivamente” impossibile, sulla base dei dati catastali e delle banche fiscali, calcolare retroattivamente il tipo d’attività (economica o non economica) svolta negli immobili di proprietà degli enti non commerciali, e calcolare l’importo da recuperare.

Modalità alternative per il recupero

La Montessori, sostenuta dai Radicali, nell’aprile 2013 fece ricorso contro la Commissione, ma nel 2016 il Tribunale Ue confermò appunto l’impossibilità di recuperare quanto dovuto. La Corte di giustizia, pronunciatasi in Grande Chambre, ha invece annullato sia la decisione della Commissione europea che la sentenza del Tribunale Ue, spiegando che tali circostanze costituiscono mere “difficoltà interne” all’Italia, “esclusivamente ad essa imputabili”, non idonee a giustificare l’emanazione di una decisione di non recupero. La Commissione europea, si legge nella sentenza, “avrebbe dovuto esaminare nel dettaglio l’esistenza di modalità alternative volte a consentire il recupero, anche soltanto parziale, delle somme”.

Concorrenza sleale

La Corte ha ricordato che i ricorrenti erano situati “in prossimità immediata di enti ecclesiastici o religiosi che esercitavano attività analoghe” e dunque l’esenzione Ici li poneva “in una situazione concorrenziale sfavorevole (..) e falsata”. La Corte di giustizia ha ritenuto invece legittime le esenzioni dall’Imu, l’imposta succeduta all’Ici, introdotte dal governo Monti, anch’esse oggetto di contestazione da parte dei ricorrenti.

“L’Italia obbligata ad intervenire”

È “una sentenza storica” e ora, “se l’Italia non dovesse recuperare gli aiuti, si aprirebbe la via della procedura di infrazione, con altri costi a carico dei cittadini”, dice all’Ansa l’avvocato Edoardo Gambaro che, assieme all’avvocato Francesco Mazzocchi, ha presentato il ricorso. “La Commissione sarà obbligata a dare seguito alla sentenza, emanando una nuova decisione e valutando, insieme allo Stato italiano, le modalità di recupero delle imposte non riscosse per lo meno dal 2006”.

Per Gambaro la sentenza è importante “in primo luogo, sotto il profilo della ricevibilità dei ricorsi: per la prima volta la Corte applica una disposizione del Trattato consentendo ai concorrenti dei beneficiari di aiuti di Stato di impugnare alcune decisioni della Commissione davanti alle Corti dell’Unione”. Poi perché “ribadisce un principio cardine della disciplina Ue: in caso di aiuti illegittimi, la Commissione deve ordinare il recupero; l’impossibilità di farlo è eccezionale e non può fondarsi su mere difficoltà interne allo Stato destinatario”.

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