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Le fabbriche italiane abbassano la testa, prima battuta d’arresto del manifatturiero in due anni

Nov 2, 2018

MILANO – L’Istat ci ha appena detto che per la prima volta dopo oltre tre anni l’economia italiana si è fermata, con i dati provvisori del terzo trimestre 2018 che indicano un Pil stagnante, e oggi altri indicatori aggiungono che le prospettive non sono certo rosee, in particolare per il nostro manifatturiero.

Pmi sotto la “soglia critica”

Nel mezzo di un rallentamento generalizzato all’Eurozona, per la prima volta in due anni le industrie italiane mostrano un netto peggioramento operativo. I segnali di tensione arrivano da tutti i fronti: i nuovi ordini alle fabbriche registrano la contrazione maggiore dal maggio del 2013, che si riverbera sulla produzione. Inoltre le esportazioni registrano la prima diminuzione in quasi sei anni, pagando le tensioni internazionali. Il risultato è che nel complesso l’indice Pmi del settore manifatturiero italiano, un indicatore a numero singolo degli sviluppi delle condizioni generali del settore, ad ottobre ha registrato 49,2 punti. Scendendo sotto i 50 che segnava a settembre, l’indice è risultato al di sotto della soglia critica di “non cambiamento” (posta proprio a 50 punti), quella che separa la contrazione dall’espansione economica, per la prima volta da agosto 2016 sino a raggiungere il livello generale più basso in 46 mesi.

L’indice Pmi (Purchasing Managers Index) non è noto al grande pubblico come altri numeri più familiari, ma la rilevazione degli istituti IHS Markit è assai ascoltata presso i mercati e ritenuta un affidabile termometro di come si muoverà la produzione industriale. Il dettaglio italiano è costruito attraverso l’intervista ai direttori degli acquisti di 400 aziende manifatturiere e per questo riesce a tastare molto da vicino il polso ai diretti protagonisti dell’economia.

Le fabbriche italiane abbassano la testa, prima battuta d'arresto del manifatturiero in due anni

Amritpal Virdee, economista di IHS Markit che si occupa dell’indicatore tricolore, ha commentato il dato di ottobre sottolineando che “il settore manifatturiero italiano ha mostrato segnali di deterioramento”. Oltre all’indice sotto 50 punti, l’esperto ha annotato come “i nuovi ordini” siano “diminuiti al tasso più veloce in 65 mesi a causa della combinazione della debole domanda domestica ed esportazioni. Il peggioramento delle condizioni generali è evidente in altri indicatori dell’indagine. I tempi medi di consegna sono migliorati in quanto la domanda di beni è diminuita e il livello del lavoro inevaso è crollato notevolmente per il settimo mese consecutivo conseguentemente alla contrazione dei nuovi ordini ricevuti. Di contro, il livello occupazionale è aumentato in quanto le aziende manifatturiere hanno aggiunto ulteriore personale in previsione della ripresa della domanda durante i prossimi 12 mesi”.

A questo punto, resta un ottimismo di base tra le imprese italiane ma rispetto a settembre nell’ultima rilevazione “è stato smorzato dalle preoccupazioni di rallentamento in aree di esportazione chiave (in particolare Asia), e da incertezze politiche. Fattore questo che potrebbe far diventare il settore manifatturiero italiano un freno per la crescita dell’intera economia durante l’ultimo trimestre del 2018”.

Come accennato, il rallentamento italiano non è un caso isolato, anche se le proporzioni altrove sono meno preoccupanti. La crescita dell’economia manifatturiera dell’Eurozona nel suo complesso si conferma in una fase di frenata e il Pmi finale del settore manifatturiero della zona euro è sceso a 52 punti ad ottobre, in calo rispetto alla stima flash pari a 52,1 punti e al dato finale di settembre di 53,2. E’ scivolata la Germania (52,2 punti ai minimi da 29 mesi) così come la Francia (51,2, minimo da 25), senza però infrangere la soglia critica di 50.

Paese PMI Manifatturiero
Paesi Bassi 57,10 minimo su 21 mesi
Irlanda 54,9 minimo su 7 mesi
Austria 53,8 minimo su 25 mesi
Grecia 53,1 minimo su 6 mesi
Germania 52,2 minimo su 29 mesi
Spagna 51,8 massimo su 2 mesi
Francia 51,2 minimo su 25 mesi
Italia 49,2 minimo su 46 mesi


L’agenzia Dbrs non si aspetta miglioramenti

Dubbi sulla crescita italiana – che il governo indica a +1,5% per il 2019, ma come ricostruisce Repubblica in edicola potrebbe esser posta dall’Europa all’1% nelle prossime previsioni ufficiali in arrivo l’8 novembre – sono venuti anche all’agenzia di rating Dbrs. Questa vede da una parte come “contenuti” i rischi sulla stabilità finanziaria da questa fase di tensione, ma “davanti ad uno scenario dove c’è già un rallentamento della crescita, un calo della fiducia delle imprese e tassi di interesse più alti, Dbrs non si aspetta un miglioramento sostanziale della crescita italiana e nel breve termine, ad esempio nei prossimi trimestri, l’economia potrebbe risentirne negativamente”. Gli esperti dell’agenzia di rating sottolineano che “il tema principale è se il Governo riuscirà a formulare e realizzare un’agenda pro-occupazione che sostenga, piuttosto che invertire, la performance di crescita dell’Italia”.

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