Si allarga il divario in Italia tra chi ha redditi più alti e chi non riesce ad arrivare alla fine del mese, mentre arriva un altro allarme sulla precarietà che aumenta la soglia della popolazione in sofferenza economica.
Secondo le tabelle dell’Eurostat, in Italia il decile più povero delle popolazione nel 2016 poteva contare infatti appena sull’1,8% dei redditi. Complessivamente quasi un quarto (il 24,4%) del reddito complessivo era percepito da appena il 10% della popolazione. Rispetto al 2008, anno nel quale è iniziata la crisi, il decile più benestante ha accresciuto la sua quota di reddito (23,8%) mentre quello più povero ha registrato un crollo (era il 2,6%).
European Union (current composition) | 23,8 |
Euro area (EA11-2000, EA12-2006, EA13-2007, EA15-2008, EA16-2010, EA17-2013, EA18-2014, EA19) | 23,9 |
Belgium | 20,7 |
Bulgaria | 28,9 |
Czech Republic | 21,6 |
Denmark | 23,2 |
Germany (until 1990 former territory of the FRG) | 23,3 |
Estonia | 23,7 |
Ireland | 23,5 |
Greece | 25,1 |
Spain | 24,9 |
France | 24,7 |
Croatia | 22,1 |
Italy | 24,4 |
Cyprus | 25,8 |
Latvia | 25,6 |
Lithuania | 27,7 |
Luxembourg | 24,1 |
Hungary | 22,6 |
Malta | 22,8 |
Netherlands | 22,1 |
Austria | 22,0 |
Poland | 22,9 |
Portugal | 25,9 |
Romania | 24,1 |
Slovenia | 20,1 |
Slovakia | 19,9 |
Finland | 21,5 |
Sweden | 21,8 |
United Kingdom | 24,3 |
Iceland | 21,2 |
Norway | 21,0 |
Switzerland | 23,9 |
Former Yugoslav Republic of Macedonia, the | 23,7 |
Serbia | 27,4 |
Turkey | : |
L’Eurostat segnala che in Italia il 40% della popolazione con i redditi più bassi nel 2016 aveva appena il 19,1% dei redditi complessivi con una caduta dal 20,2% del 2010 e dal 19,7% del 2015. Nella media europea nello stesso periodo il 40% della popolazione con redditi più bassi è passato dal 21,2% al 20,9% del reddito complessivo. In Germania la disuguaglianza è meno accentuata con il 21,7% di reddito per il primo 40% più povero mentre la Francia può contare sul 22,6%.
Dal lato opposto il 40% più ‘ricco’ percepisce in Italia il 63% del totale ma è soprattutto il dieci per cento più benestante che registra un vantaggio negli anni della crisi con il 24,4% (23,8% la media Ue) del totale e una crescita dal 2008 di sei decimi di punto. Nello stesso periodo la media Ue per il decile più ricco si è ridotta di otto decimi di punto. Il coefficiente di Gini (quello introdotto dallo statistico italiano Corrado Gini che misura la diseguaglianza della distribuzione del reddito) è passato nel nostro Paese dal 31,7 del 2010 al 33,1 nel 2016. Il più alto è in Bulgaria (38,3) mentre il più basso è in Slovacchia (24,3).
Come si diceva, altri dati riferiti da Unimpresa mostrano che sono oltre 9,3 milioni gli italiani che non ce la fanno e sono a rischio povertà, quindi, è sempre più estesa l’area di disagio sociale che non accenna a restringersi. Secondo quanto riferisce il centro studi dell’associazione, dal 2016 al 2017 altre 128mila persone sono entrate nel bacino dei deboli in Italia: complessivamente, adesso, si tratta di 9 milioni e 293 mila soggetti in difficoltà.
Crescono soprattutto gli occupati-precari: in un anno, dunque, è aumentato il lavoro non stabile per 197mila soggetti che vanno ad allargare la fascia di italiani a rischio. Ai “semplici” disoccupati, che hanno fatto registrare una diminuzione di 69mil unità, vanno aggiunte ampie fasce di lavoratori, ma con condizioni precarie o economicamente deboli che estendono la platea degli italiani in crisi.