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Recensione Mulaka, una cartolina indie dal Messico

Mar 7, 2018

Mulaka

Mulaka ci porta nel suggestivo Messico dei Tarahumara, a caccia di mostri e semidei. Bello da vedere, bello da giocare, MA con qualche riserva.

MM

Mulaka è un action-adventure in terza persona sviluppato dai ragazzi di Lienzo, in uscita in questi giorni su PC, Nintendo Switch, PlayStation 4 e Xbox One. Intriso della cultura e del folclore dei Tarahumara, popolazione indigena del Messico, il titolo propone un’esperienza breve, con qualche spigolo da smussare, ma indubbiamente ricca di fascino. E una volta tanto possiamo pure imparare qualcosa di nuovo.

Il protagonista dell’avventura, Mulaka, è un Sukurúame, uno sciamano del popolo Tarahumara, in pellegrinaggio per scacciare il male dalla sua terra. Durante il suo viaggio dovrà ricevere la benedizione dei 6 semidei e acquisirne i poteri, grazie ai quali potrà sconfiggere Teregori, la fonte della corruzione nel mondo. Il tutto è raccontato tramite splendide tavole parzialmente animate e sporadiche finestre di dialogo in-game (purtroppo il doppiaggio in lingua nativa è riservato al filmato introduttivo).

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Mulaka incorpora una formula di gioco e un sistema di progressione che tanto ricorda la saga di The Legend of Zelda, assieme a un combat sysem di stampo action tradizionale e un paio di fasi salterine in cui mettere alla prova le doti ginniche del nostro alter ego.

Ognuna delle ambientazioni (ispirate alla vera Sierra Tarahumara) si comporta come un vero e proprio dungeon all’aria aperta, da perlustrare in lungo e in largo alla ricerca di enigmi e/o prove di forza da affrontare usando le abilità acquisite e le tre chiavi per sbloccare la stanza del boss.

L’arsenale di Mulaka comprende una serie di attacchi basilari con la lancia (che può scagliata a mo di giavellotto o caricata per un potente attacco finale), quattro tipologie di pozioni ottenute raccogliendo erbe, usate per curarsi, assorbire danni o abbattere muri, e i vari poteri sciamanici, dall’occhio del Sukurúame, che evidenzia obiettivi, punti d’interesse, oggetti invisibili e la salute rimanente dei nemici, alla capacità di trasformarsi in picchio per planare o in puma per scalare pareti verticali.

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Tutte le abilità acquisite nel corso dell’avventura hanno un impiego abbastanza elementare e raramente vengono sfruttate in modo intensivo (non aspettatevi di pensare fuori dalla scatola sulla scia di un Breath of the Wild a caso). Una caratteristica che si riflette anche sul level design, evocativo ma un po’ piatto; nel complesso però il mondo tratteggiato da Lienzo funziona, proponendo un’esperienza che si espande gradualmente e senza tempi morti, con un discreto livello di sfida e un pizzico di rigiocabilità grazie ai collezionabili, utili ad approfondire usi e costumi dei Tarahumara. Si perde giusto nelle fasi conclusive e non ci sarebbe dispiaciuta più carne sul fuoco: bastano 5-6 ore per sconfiggere il cattivo, dopodiché il sipario cala con un epilogo sibillino buttato un po’ a casaccio.

I controlli funzionano piuttosto bene, la risposta è immediata e si possono rimappare da zero in caso l’impostazione di base non soddisfi appieno. Una volta in gioco tuttava le collisioni con il terreno lasciano un tantino a desiderare: può infatti capitare di rimanere incastrati su una cunetta o peggio di continuare a camminare per aria.

L’assenza di una qualunque forma di puntamento poi rende le battaglie inutilmente verbose, poiché oltre a scansare i colpi dovremo preoccuparci di mirare i nostri e soprattutto di non perdere di vista il bersaglio; la telecamera per fortuna svolge bene il suo lavoro ma operarla di continuo mentre si affrontano orde di mostri può diventare stancante.

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La produzione Lienzo alterna insomma alti e bassi lungo tutta la sua durata e praticamente in ogni suo elemento: Mulaka scorrazza per i livelli proprio come vorremmo, eppure una volta abbandonate le distese pianeggianti pare soffra di vertigini; gli scontri sono ben variegati e richiedono spirito di osservazione e prontezza di riflessi, ma regalano poche soddisfazioni per via di una realizzazione approssimativa, inoltre struttura a orde viene presto a noia; il giocatore ha un sacco di strumenti a sua disposizione, ma è sempre molto limitato su come adoperarli…

Ciononostante resta un’esperienza piacevole, dalle prime battute alla sua (prematura) conclusione. Il merito è anche della veste grafica “low poly”, colorata e dal design accattivante (se vi piace lo stile); a fare da cornice la splendida colonna sonora, minimale eppure così avvolgente. Su Switch le prestazioni sono stabili, con qualche calo in modalità fissa; non siamo invece incappati in crash del software, sebbene sembri un problema lamentato di frequente in rete (fortuna?).

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