di Daniele Rindone
giovedì 29 settembre 2016 10:12
ROMA – Dalla magia alla nostalgia. Lazio-Empoli, 12 aprile 2015, un pienone da concertone: 49.096 laziali all’Olimpico, intonavano Battisti, era un canto libero, sognavano la Champions. Lazio-Empoli, 25 settembre 2016, meno di dodicimila laziali all’Olimpico, gli unici rimasti da quel dì, con poca voglia di cantare. La fuga è stata velocissima, l’escalation al contrario è stata inesorabile. Il teatro è diventato tetro, dove si vedevano i colori oggi c’è il vuoto. Nel giro di un anno e mezzo la Lazio ha perso quasi quarantamila spettatori, da dividere tra paganti e abbonati, è una cifra enorme. Il 12 aprile 2015 i biglietti furono acquistati da 31.700 persone, i sottoscrittori di tessera erano 17.396. L’Olimpico era colorato, caldo e familiare, offrì immagini splendide. Oggi è freddo e monumentale.
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LA DIASPORA – I dati recenti non si conoscono, la Lazio ha deciso di oscurarli, non li comunica più da quando a luglio si seppe che solo 11 tifosi sottoscrissero gli abbonamenti nel primo giorno di vendita. L’Olimpico laziale è così, si gonfia e si sgonfia seguendo il filo delle vicende societarie e sportive. Riempito, svuotato. La Lazio di Pioli riuscì a riportare i tifosi a casa, dove per casa si intende lo stadio e non la dimora domestica. Quel sogno purtroppo celò una breve scadenza. Le successive scelte estive e la seguente eliminazione dalla Champions iniziarono ad allontanare nuovamente la gente dall’Olimpico, tutti gli sforzi furono vani. L’annunciato arrivo di Bielsa, storia di giugno scorso, aveva riacceso l’entusiasmo, il rifiuto del Loco ha prodotto un effetto contrario. La Lazio di Inzaghi, nata all’improvviso, sta provando a risalire la china e la classifica, sta provando a far breccia nel cuore dei tifosi badando al solo per vincere più partite possibili. Scioperi, proteste antisocietarie e anti-istituzionali, disaffezione, tornelli, schedature di vario genere, limitazioni, divieti di sosta attorno all’Olimpico decisi dall’ultimo piano di urbanistica viaria. Di base tanti fattori incidono sulla diaspora, s’è detto più volte. Di tutto si può discutere, è innegabile una verità: gli stadi si riempiono quando la squadra che li abita lotta per grandi traguardi e riesce a trascinare il suo popolo.
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