La separazione della Rete di Telecom Italia, così come sembra configurarsi, è vista positivamente anche da Franco Bassanini, il presidente di Open Fiber. Ieri, in occasione del convegno per i 20 anni di Agcom, ha ribadito come debba considerarsi una mossa importante.
“Continuiamo col nostro piano industriale… quel che fa il nostro principale competitor ci riguarda fino a certo punto”, ha commentato Bassanini. “Naturalmente tutte le forme di sinergia e collaborazione sono utili a dotare il paese di una infrastruttura performante, da questo dipenderà la crescita futura del paese. Sono d’accordo che è un passo avanti, naturalmente bisognerà farne tanti altri”.
Non è un segreto che Bassanini sia fra i più convinti sostenitori di una eventuale fusione tra le reti di TIM e quella di Open Fiber, ma bisogna anche ricordare che il principale azionista della sua società, Enel, è di avviso contrario.
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Il nodo della questione è che una competizione nel settore reti è finanziariamente rischiosa per le realtà coinvolte. Non a caso Bassinini in passato ha parlato della possibilità di una sana competizione nelle grandi città e accordi per le zone meno appetibili. Un ragionamento di buon senso considerato che il tema della domanda non può essere secondario rispetto ai progetti di sviluppo. Poi è anche vero che esistono due linee di pensiero al riguardo: c’è chi sostiene che i servizi siano il traino e chi invece che pensa che la tecnologia stessa sia l’elemento catalizzante.
I dati AGCOM di BroadbandMap confermano che i 7.981 comuni italiani vantano più di 27,5 milioni di indirizzi raggiunti da ADSL, 14,4 milioni da VDSL e 7,6 milioni da EVDSL – di cui complessivamente 14,4 milioni coperti in FTTC. Sul fronte prestazioni si parla di 1,6 milioni di indirizzi sotto i 2 Mbps, 20,7 milioni tra 2 e 30 Mbps, 17,5 milioni tra 30 e 100 Mbps, 9,5 milioni tra 100 e 500 Mbps e infine 5,5 milioni sopra i 500 Mbps.
Poi però se si va a guardare quanti italiani realmente navighino su Internet (Eurostat 2017), però a prescindere che impieghino un accesso residenziale o mobile, si scopre che sono il 78% – di cui il 69% con regolarità. Solo il 13% usa poi i servizi online della PA, a fronte di una media europea del 30%.
Audiweb, per completare il quadro, stima che in un giorno medio gli unique user siano 11,3 milioni via PC (dai 2 anni in su) e 21,7 milioni (tra i 18 e 74 anni) via smartphone.
Insomma, è una partita delicatissima soprattutto se si devono far tornare i conti. Il sogno di molti utenti è che venga cablato tutto e che ci pensi lo Stato, magari aiutato dai provider. Ma poi dimenticano che abbiamo un debito di oltre 2.200 miliardi di euro e che Bruxelles vigila costantemente sulla nostra gestione economica. Ora, spendere per una rete in fibra è senza ombra di dubbio un investimento legittimo per il paese, ma bisogna considerare anche i numeri.
Al solito non esiste una soluzione semplice per un problema complesso come quello dello sviluppo delle reti. E non bisogna neanche mai dimenticare che si parla di asset privati – la rete Telecom è valutata in 10/15 miliardi. Come si sia giunti a punto è argomento utile solo per non sbagliare nuovamente. E quindi per governare correttamente il cambiamento.