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Fiat Tipo, rivoluzione dal basso

Gen 29, 2018
Fiat Tipo, rivoluzione dal basso

Piaceva ai papà, alle donne, ai giovani. Piaceva un po’ a tutti la Fiat Tipo, la segmento C omonima dell’odierna che fu uno dei modelli italiani più popolari a cavallo tra gli ’80 e i ’90.

Per Fiat la Tipo, nata ormai trenta anni fa, era un modello fondamentale, perché si inseriva nel cuore del mercato: doveva sostituire la ormai vetusta Ritmo, che a sua volta aveva rimpiazzato la 128, ma doveva farlo con le carte in regola per competere con una concorrenza di straniere che avevano già fatto breccia nel Bel Paese: oltre alla Volkswagen Golf, le rivali principali erano Ford Escort, Opel Kadett, Peugeot 309 e Renault 19.

Ci riuscì: l’anello di congiunzione tra la Uno e la Tempra diventò Auto dell’Anno 1989 e, grazie ad un serie di caratteristiche che all’epoca ne fanno una vettura all’avanguardia, vende nella sua carriera durata dal 1988 al 1995 più di 2 milioni e mezzo di esemplari.

La Fiat del tempo ha le carte in regola per vincere la scommessa: avvia il progetto nel 1983 subito dopo il lancio della Uno ed investe circa duemila miliardi di lire nello stabilimento di Cassino, dove verrà prodotta per tutta la sua carriera, tranne qualche esemplare a Pomigliano d’Arco per compensare i cali di produzione dell’impianto Alfa Romeo.

La presentazione alla stampa specializzata avviene in grande stile. L’amministratore Vittorio Ghidella compare davanti lo schermo di centinaia di giornalisti di 46 paesi dalla scrivania del suo studio di Mirafiori, riuniti per l’occasione a Francoforte, Madrid, Londra, Parigi e Roma per assistere al collegamento in diretta via satellite da Torino e successivamente provare le auto.

La nuova piattaforma è uno dei primi esempi di architettura modulare: vi furono realizzate Lancia Dedra e Alfa Romeo 155, ma ha fatto anche da base per Fiat Coupé, Alfa Romeo 145, 146, Spider e GTV e Lancia Delta seconda serie.

Soprattutto la Tipo riesce a sconfiggere il suo più acerrimo nemico dell’epoca, la ruggine, inconveniente che accomuna molte Fiat fino a quegli anni. La lamiera è zincata per il 70% della superficie, mentre compare uno dei primi elementi realizzati con materiali contemporanei: il portellone è in materiale plastico, dello stesso materiale del portellino del carburante, ed oltre alla leggerezza, apporta i vantaggi di essere facilmente installabile in fabbrica e di avere meno limiti del metallo in fase di design.

Con un Cx pari a 0,31, la Fiat Tipo nel 1988 è una delle vetture aerodinamicamente più efficienti. E’ lunga 3,958 metri, larga 1,70, alta 1,445 ed offre un generoso passo di 2,54 metri. La Tipo è davvero spaziosa per tutti e cinque gli occupanti. Ottima per l’epoca la capacità di carico, con un bagagliaio da 350 litri che si poteva ampliare a 1.100 abbattendo i sedili posteriori. La rottura col passato in termini di estetica è evidente dalla posizione delle ruote, piazzate agli estremi della carrozzeria in modo da ottenere il minore sbalzo possibile, il che si traduce in un abitacolo molto abitabile e rifinito gradevomente.

La Tipo diventa popolare anche per la strumentazione digitale, una chicca per l’epoca, della versione DGT. Gli strumenti sono sostituiti da cifre digitali a cristalli liquidi e istogrammi e non vi sono pulsanti sulla plancia. Si trovano tutti raggruppati nei devioluci sul piantone del volante. La plancia digitale non piace però a tutti, tanto che nel 1989 la versione analogica con strumenti classici viene resa disponibile anche negli allestimenti di fascia più alta con la nascita della Tipo AGT.

La strumentazione digitale della Tipo DGT

Al lancio vene offerta in cinque motorizzazioni: tre a benzina (1.1 da 56 CV, 1.4 da 71 CV e 1.6 da 82 CV) e due a gasolio, l’aspirato 1.7 da 58 CV e il 1.9 sovralimentato da 90 CV. Ci sono ancora in gamma motori a carburatori, che scompariranno progressivamente con l’avvento della normativa Euro 1 a cui sarà adeguata tutta la gamma nel 1993 ed il lancio della seconda serie che vivrà fino al 1995.

Ancor prima però arrivano i motori benzina a iniezione elettronica 1.6 e 1.8 i.e. e la testata a quattro valvoleper cilindro che porta il 1.8 a 136 cavalli e il 2.0 a 145 CV. Sono queste le versioni più sportive e più ricordate della Fiat Tipo degli anni ’80, identificate dalla particolare dicitura “sedicivalvole” sulla maniglia del portellone, la sigla 16V sulle fiancate ed il filetto rosso sui paraurti. .

La Fiat Tipo 16V 2.0 145 CV raggiungeva i 100 km/h in 8,2 secondi e una velocità massima di 208 km/h.

La sua parabola si ferma nel 1995, quando arrivò sul mercato il duo Fiat Bravo/Fiat Brava.

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