MILANO – L’Istat conferma il ritorno dell’inflazione in Italia, nel corso del 2017: l’anno scorso i prezzi sono saliti in media dell’1,2% dopo il -0,1% che si era registrato nel 2016. Resta un dato debole, se paragonato all’obiettivo della Bce di portare la dinamica dei prezzi “vicina al 2%”, per raggiungere il quale Mario Draghi ha dispiegato strumenti senza precedenti. Soprattutto se si considera che l'”inflazione di fondo”, ovvero quella misurata al netto delle componenti variabili come energia e alimentari freschi, si attesta a +0,7%, un tasso solo di poco più elevato rispetto a quello del 2016 (+0,5%). In Germania, per intendersi, i prezzi del 2017 sono saliti dell’1,8% – dato più alto dal 2014 – e dell’1,4% senza considerare cibo e benzina. In Italia, come per l’indice generale, anche l’inflazione di fondo ha vissuto una parabola di accelerazione nella prima parte dell’anno e quindi di rallentamento verso la fine del 2017 (La mappa nelle Regioni: in Trentino Alto-Adige i rincari maggiori).
Pur a tassi ancora contenuti, l’Istat dettaglia che “nel quadro di ripresa dell’inflazione che caratterizza il 2017, diversamente dal 2016 sono le famiglie con minore capacità di spesa a registrare una variazione dei prezzi al consumo lievemente più elevata (un decimo di punto percentuale) rispetto a quelle con maggiore capacità di spesa: per le prime l’inflazione media annua è pari a +1,4%”, mentre per le seconde si ferma a +1,3%. Sono infatti i nuclei con minore capacità di spesa a soffrire maggiormente i rincari di carburanti e alimentari non lavorati, il cui peso sul conto di fine mese è più pesante rispetto a quel che avviene nei nuclei più abbienti. Secondo Federconsumatori, in media le famiglie hanno pagato 355,20 euro in più pagati nel consuntivo del 2017.
Scomponendo i dati per le divisioni di spesa, si ha la fotografia di quali sono le categorie che hanno principalmente inciso sulla crescita annua dei prezzi. “I contributi positivi più ampi provengono in ordine dai Trasporti (per 0,467 punti percentuali), dai Prodotti alimentari e bevande analcoliche (0,312 punti percentuali), dall’Abitazione, acqua, elettricità e combustibili (0,192 punti percentuali) e dai Servizi ricettivi e di ristorazione (0,190 punti percentuali)”, dettaglia l’Istat.