Tanto tempo fa, in una galassia lontana lontana…
Star Wars Battlefront II
Star Wars Battlefront II è il secondo capitolo della saga (ri)cominciata da DICE ed Electronic Arts nel 2015. Arrivato sugli scaffali poco prima del secondo film della terza trilogia, ha promesso ai giocatori una campagna single-player, grave mancanza del predecessore, oltre che molti miglioramenti. Vediamo cosa è andato bene, e cosa è andato storto in questo sequel.
Tra poche settimane Star Wars: Gli Ultimi Jedi uscirà nelle sale cinematografiche di tutto il mondo. Sfruttando l’incredibile eccitazione generata dall’ultimo episodio della saga cinematografica ideata da George Lucas, EA ha pensato bene di far debuttare sul mercato Star Wars Battlefront II, seguito dello sparatutto uscito nel 2015. Tra polemiche incredibili e discussioni che a oggi vanno avanti senza sosta, vediamo in dettaglio che cosa funziona in Battlefront II, e soprattutto cosa non ci piace di questo gioco.
Una falsa speranza
Star Wars Battlefront II ha deciso di regalare ai giocatori quello che chiedevano: una modalità per il giocatore singolo, assenza giudicata da molti gravissima nel precedente capitolo del 2015. Una volta scoperto che avremmo giocato nei panni dei cattivi, abbiamo cominciato a covare forti speranze che questo secondo episodio avrebbe corretto totalmente i difetti del precedente: il fascino dell’Impero è innegabile, e affrontare un’avventura da un punto di vista diverso, per una volta, ci fa veramente piacere.
In questo capitolo vestiamo i panni di Iden Versio, comandante della squadra speciale Inferno. Cominciamo la nostra avventura come prigionieri della flotta Ribelle, scoprendo però subito che la scaltra Iden ha un piano ben diverso da quello di farsi catturare e rivelare i segreti dell’Impero. Lo svolgimento delle missioni è piuttosto lineare, intervallato spesso e volentieri da filmati cinematografici che ne raccontano la storia: più di un’ora di filmati in alta qualità, recitati magistralmente, aiutano a immergersi nell’atmosfera di Star Wars, senza però riuscire a esaltare una scenggiatura condita da moltissimi cliché.
Missioni “stealth”, combattimenti spaziali e assalti via terra donano una certa varietà alla campagna, sfruttando a volte un po’ troppo le mappe create per il multiplayer. Il personaggio di Iden subisce – come da tradizione starwarsiana – una maturazione con il procedere della storia, cominciando a dubitare delle proprie azioni e ideali. Evitiamo di procedere oltre nel raccontare la trama del gioco, e avvertiamo che alcuni dettagli potrebbero far storcere il naso a chi odia gli spoiler, anticipando a volte anche il film.
La campagna in singe-player, pur essendo gradevole, è comunque di breve durata, e può essere completata senza particolari sforzi in circa tre ore di gioco effettivo (escludendo quindi i filmati). La narrazione è di livello discreto, e la realizzazione tecnica dei filmati unita alla cura nei dettagli rende l’esperienza della campagna una discreta distrazione da quello che è, effettivamente, il succo di Battlefront II: stiamo ovviamente parlando del multiplayer, che analizzeremo nei suoi pregi e difetti.
La vendetta delle lootbox
Chi ha giocato al vecchio – ma ancora in grande forma – Star Wars Battlefront 2, sa che il multiplayer del gioco riesce a regalare una soddisfazione incredibile: varietà di classi, un gameplay frenetico e divertente e mappe ben studiate sono riuscite a donare ore e ore di divertimento ai giocatori. Star Wars Battlefront II è, com’è giusto che sia, un titolo fondato sul suo comparto multiplayer: abbiamo un totale di 8 modalità di gioco diverse oltre alla campagna, che includono battaglie spaziali, sfide tra eroi e duelli su larga scala. C’è ovviamente molto di cui parlare, ma partiamo dal punto più scottante, ovvero la tanto discussa combinazione lootbox + microtransazioni.
Il sistema di progressione di Battlefront II è basato su tre fattori: carte, crediti e “fattore c”. Le prime sono degli oggetti che si ottengono tramite le crates, sostanzialmente delle lootbox che contengono materiale vario distribuito in maniera casuale. Arrivano in vari tipi, come ad esempio le “trooper crate”, le “hero crate” e le “starfighter crate”. Ognuna di queste scatole contiene carte differenti, adatte a una classe, eroe o veicolo particolare. Le carte vengono poi equipaggiate manualmente: ogni classe/eroe/veicolo possiede tre slot nel quale può essere equipaggiata una carta di diverso tipo.
Queste possono potenziare il personaggio o le sue abilità, oppure assegnare delle skill diverse da quelle di base. Ogni carta può essere trovata in maniera casuale, fabbricata tramite un materiale speciale che si trova nelle crates e potenziata (a patto di rispettare i requisiti necessari).
Il sistema di potenziamento dei propri personaggi è abbastanza profondo, e ricorda per certi versi quello strutturato nel titolo free-to-play Warframe, dove praticamente ogni oggetto e classe possono essere personalizzati con delle speciali carte chiamate mod. Il difetto principale del sistema introdotto in Battlefront II è il suo essere lento e macchinoso in maniera frustrante: per ottenere crates dobbiamo pagare in crediti, per ottenere crediti dobbiamo giocare, facendoci massacrare da chi è di livello più alto (o chi ha investito qualche soldo prima che EA bloccasse temporaneamente il sistema di microtransazioni). Il circolo diventa vizioso quando ci accorgiamo dell’effettivo divario tra chi possiede carte decenti e chi ne ha equipaggiata solamente una. Certo, possiamo craftare da zero le carte che ci servono, ma costano comunque risorse – che vengono distribuite con il contagocce.
Ci troviamo quindi di fronte a un sistema di progressione pensato per un titolo free-to-play, ma inserito a forza in un tripla A: il potenziale per avere delle meccaniche di personalizzazione profonde e divertenti ci sarebbero tutte, ma sono azzoppate da un divario veramente tedioso tra i novizi e gli esperti. La mossa di sospendere le microtransazioni ha solo sistemato in parte la questione, lasciando comunque intatta la radice del problema.