MILANO – Ultimi giorni per la seconda tornata di domande di accesso all’Ape sociale, il cui termine scade il prossimo 30 novembre. E non mancano le polemiche a riguardo, con il patronato sindacale che denuncia confusione e l’Inps che assicura che si sta facendo il possibile per procedere spediti con la validazione delle prime domande, senza aggravi di tempo e modulistica per i cittadini.
L’anticipo pensionistico dedicato a coloro che abbiano almeno 63 anni – disoccupati che hanno esaurito gli ammortizzatori da almeno tre mesi; persone che assistono il coniuge o un parente con handicap; invalidi civili; addetti a lavori gravosi da almeno sei anni – prevede un assegno fino a 1.500 euro. Il termine per presentare la domanda era fissato nel 15 luglio scorso, ma il decreto che ha attuato la misura ha previsto una ulteriore finestra – fino al 30 novembre – per altre domande, alle quali saranno eventualmente destinati i fondi avanzati dalla prima tornata di richieste. Sul piatto ci sono richieste per 330 milioni.
Come sollevato da Repubblica nelle scorse settimane, la prima verifica dell’Inps (che avrebbe dovuto portare alla graduatoria il 15 ottobre) secondo i criteri dettati dal Ministero aveva portato a una grandissima quota di respingimenti: delle circa 66mila domande arrivate nella prima fase, ne sono state scartate 44mila. A quel punto, il dicastero ha comunicato nuovi criteri meno stringenti e l’Inps è ora impegnato nella fase del riesame.
Ieri il patronato della Cgil, Inca, ha denunciato che “
permangono molte incertezze” e che “l’operazione di riesame, ottenuto solo dopo una richiesta fortemente sollecitata dal patronato, dovrebbe concludersi senza cambiare significativamente il saldo finale. Risultato: su circa 66 mila domande complessivamente presentate meno della metà, con molta probabilità, avrà riconosciuto il diritto all’indennità di anticipo pensionistico, mentre i restanti rimarranno a bocca asciutta”. Una dura presa di posizione alla quale ha replicato l’Inps, precisando che – a differenza di quanto sostenuto dall’Inca sulla sua rivista ufficiale – agli utenti non è mai stato chiesto “di inoltrare nuovamente le domande per le quali la documentazione sia pervenuta entro il 15 luglio” e che “la difficoltà di reperimento delle informazioni non può essere strumentalizzata per inutili polemiche. L’Istituto ribadisce il suo impegno a portare a termine nel più breve tempo possibile le necessarie istruttorie ed accogliere le richieste dei cittadini che hanno diritto a fruire dell’Ape sociale”. Intanto, restano gli ultimi giorni per fare domanda e sperare nell’avanzo di risorse, considerando che in ogni caso – se accettata – la domanda porterà all’erogazione dell’assegno dal 1° maggio scorso.
Per i giorni immediatamente dopo il 30 novembre, intanto, si aspetta l’emendamento del governo alla legge di Bilancio che ufficializzi l’allargamento della platea dell’Ape social. A dettare l’agenda è stato nei giorni scorsi il ministro del Lavoro, Giuliano Poletti, spiegando che poiché “impegna le risorse residue non utilizzate, fino a quando non ci sarà la Conferenza dei servizi, prevista il 30 novembre, non si può fare una norma” non avendo prima, appunto, una cifra “certa”. Secondo l’impegno messo nero su bianco dall’esecutivo nel documento presentato ai sindacati (e non condiviso dalla Cgil), l’anticipo sarà ampliato per il 2018 alle quattro nuove categorie di lavori gravosi (oltre le undici già previste), ossia operai e braccianti agricoli, marittimi, siderurgici e pescatori. Si arriverà così alle 15 categorie di lavori gravosi che dal 2019 (in base all’emendamento già presentato dal governo al Senato) saranno esclusi dall’aumento dell’età pensionabile a 67 anni.
Per le lavoratrici, invece, l’impegno è quello di allargare fino ad un massimo di un anno per ogni figlio, entro il limite di due anni, lo sconto sui requisiti di accesso all’Ape social. Nella versione della legge di bilancio già in Parlamento, la riduzione prevista è di sei mesi per ogni figlio, sempre entro un massimo di due anni. Di fatto, quindi, le donne disoccupate o disabili che hanno gli altri requisiti per l’Ape social avranno bisogno di 28 anni di contributi nel caso abbiano due figli; invece per le lavoratrici impegnate in attività gravose saranno necessari, nel caso della presenza di due figli, 34 anni di contributi.