MILANO – Ore 10:00. La settimana di Borse prosegue priva di eventi macroeconomici di rilievo, anche perché l’attenzione dei mercati è tutta rivolta verso le grandi Banche centrali. A due settimana dalla decisione della Bce di mantenere lo status quo rinviando ogni decisione sull’ampliamento del Quantitative easing a fine anno, la palla passa in contemporanea alla Federal Reserve e alla Bank of Japan.
Le Borse europee trattano poco mosse, ma Milano peggiora con la nuova ondata di vendite che colpisce il Monte dei Paschi e manda in sofferenza il comparto bancario: il Ftse Mib cede lo 0,3%. In cauto rialzo le altre: Francoforte sale dello 0,3%, Parigi è poco sotto la parità e Londra aggiunge lo 0,1%. L’euro è poco mosso a
1,118 dollari e a 113,8 yen. Tratta in leggero calo lo spread fra Btp e Bund: la differenza di rendimento segna 128 punti, contro i 131 della chiusura di ieri. Il rendimento del titolo decennale italiano è pari all’1,29%.
In Giappone, dove l’indice Nikkei ha chiuso in calo dello 0,16%, la Banca centrale annuncerà domani i risultati di una “ricerca allargata” sulle politiche ultraespansive adottate negli ultimi anni. E dal momento che Francoforte condivide con Tokyo i tassi negativi, un’inflazione stagnante e un programma di acquisti in continua crescita è evidente come i risultati raggiunti dalla BoJ vengano guardati con particolare attenzione anche dalla Bce. Difficile – secondo gli analisti – che il Giappone spinga ulteriormente in negativo il costo del denaro, ma è possibile che aumenterà di altri 10 mila miliardi di yen il suo programma di acquisti che dovrebbe così salire a quota 90 mila miliardi (circa 790 miliardi di euro), modificando la composizione dei propri acquisti, con un occhio alla crescita dei rendimenti, da cui dipende la redditività di banche e fondi pensione. Una strada alla quale anche Mario Draghi guarda con attenzione.
A catalizzare tutti i timori e le preoccupazioni dei mercati è tuttavia la Federal Reserve che si riunirà da oggi fino a domani. I mercati confidano in un rinvio del rialzo dei tassi, ma i dati macroeconomici arrivati dagli Stati Uniti sono contrastanti: il presidente della Fed di Atlanta, Dennis Lockhart, contrario a un aumento del costo del denaro, ha quindi promesso una “discussione animata”. D’altra parta è una Federal Reserve spaccata quella che martedì prossimo riunirà il direttivo e mercoledì annuncerà la sua decisione sui tassi di interesse, ancora prossimi allo zero dopo il rialzo dei dicembre. Nei giorni precedenti i vertici della banca centrale americana hanno dichiarato tutto e il contrario di tutto, gettando nella confusione gli investitori. Nel fronte dei falchi emerge il vicepresidente Stanley Fischer, che vorrebbe archiviare il 2016 con almeno due rialzi (uno la settimana prossima e uno a dicembre), e il presidente della Fed di Boston, Eric Rosengren. Il fronte delle colombe appare invece guidato da Lael Brainard, tra i membri più influenti del board, che chiede “pazienza”.
Secondo i future sui Fed Fund, usati per anticipare le mosse della Banca centrale Usa, le possibilità di un rialzo dei tassi sono ferme al 12%, mentre salgono al 55% per una stretta a dicembre. Tuttavia non è escluso che alla fine Janet Yellen decida di aspettare ancora: c’è il 31% di possibilità che i tassi restino fermi fino alla prossima estate. D’altra parte, se la crescita dell’inflazione è apparsa sopra le attese, aumentando le probabilità di una stretta, altri numeri, come quelli sulle vendite al dettaglio, sono risultati assai deludenti.