di Alessandro Vocalelli
lunedì 16 ottobre 2017 08:00
ROMA – Sabato sera ci sarà da divertirsi e, comunque vada, si tratterà di uno snodo importantissimo del campionato, con un Napoli-Inter che promette davvero emozioni. Perché Spalletti è al momento il primo inseguitore del Napoli: sette vittorie e un pareggio sono lì a testimoniare che, al di là di un gioco che può ancora lievitare, la squadra sa leggere i momenti decisivi.
Un compito facilitato da quello straordinario centravanti che è Mauro Icardi, capace con la sua tripletta di respingere ogni volta i sospiri rossoneri. Un destino che in tribuna ci fosse Diego Milito, l’ultimo – più di cinque anni fa – capace di firmare tre gol nel derby. Alla fine Montella si è arreso, ma mai come stavolta la differenza è stata nei particolari e nelle giocate individuali: nei colpi, come detto, di Icardi e negli errori di Biglia sul secondo gol e di Rodriguez sul’abbraccio a D’Ambrosio che ha portato al rigore decisivo. Di sicuro sarà divertente assistere al duello tra Sarri e Spalletti, con le loro due filosofie a confronto. Il calcio orizzontale del primo, con fiammate improvvise che tendono spesso a ribaltare il fronte, il calcio verticale del secondo, con Candreva e Perisic che vanno su e giù perle loro rotaie, sbuffando con un ritmo impressionante.
È uno di quei momenti del campionato in cui, come si era detto all’inizio, si comincerà anche a pesare l’incidenza delle Coppe. Mentre il Napoli e Sarri dovranno infatti vedersela col Manchester City, con tutte le implicazioni atletiche e psicologiche, Spalletti potrà preparare la partita per l’intera settimana. Un vantaggio non da poco.
Non c’è dubbio comunque che sia un campionato, fino a questo momento, firmato non soltanto dagli attaccanti – da Icardi a Immobile e Insigne – ma anche dagli allenatori. E non solo nelle prime posizioni della classifica. Perché un particolare applauso va fatto a Donadoni, che ha centrato la terza vittoria consecutiva e sta valorizzando i più giovani dall’alto del suo equilibrio. Un applauso anche a Pioli, per aver saputo affrontare le naturali difficoltà derivanti dalla rivoluzione estiva, intuendo però le potenzialità dei nuovi giocatori che gli ha messo a disposizione la Fiorentina.
Insomma, la capacità di saper guardare avanti. Esattamente come stanno facendo i due grandi protagonisti degli anticipi di sabato: Sarri e Inzaghi. È un piacere personale accorgersi che il paragone lanciato qualche settimana fa, Sarri come Sacchi, sia diventato il tema di dibattito televisivo, con uno come Vialli pronto a sposare il parallelo e sottolineare – pensiero perfettamente condiviso – che Sarri è stato capace di aggiungere anche un senso di libertà alla bellezza del gioco collettivo che unisce i due allenatori.
Così come “SimOne” Inzaghi, lo Special del nostro campionato, è stato bravo a fare da collante tra l’ottimo lavoro della società e le qualità della squadra. Già, perché non c’è dubbio che Lotito e Tare gli abbiano messo a disposizione una squadra di livello, con alcune eccellenze assolute. Inzaghi sta facendo il resto, facendosi guidare da una legge del calcio tanto banale quanto – a volte – dimenticata. Ci si affanna a litigare se è meglio avere la miglior difesa o il migliore attacco, senza ricordarsi che le partite si vincono a centrocampo. E al di là delle formule magiche, 4-3-3 o 3-5- 2, contate quante soluzioni e linee di passaggio – quante possibilità di scarico direbbero quelli bravi… – hanno ogni volta De Vrij, Leiva o Immobile e avrete la risposta sullo splendido momento della Lazio.