Ancora una volta le catene di montaggio si fermano e il motivo rimane lo stesso. Honda ha annunciato una pausa forzata per gli impianti produttivi di Cina e Giappone, di nuovo a causa della carenza dei semiconduttori. Tra dicembre e gennaio si riaccendere la preoccupazioni per una componente sempre più fondamentale del settore automobilistico. Una crisi, quella dei chip, che non si è mai davvero risolta, nonostante per un lungo periodo si fosse attenuata.
Vacanze forzate
Secondo quanto comunicato dalla casa giapponese, tre stabilimenti situati in Cina sospenderanno temporaneamente la propria produzione dal 29 dicembre al 2 gennaio, mentre in Giappone alcuni impianti ridurranno la capacità produttiva nei primi giorni di gennaio, con uno stop programmato per il 5 e 6 del mese, prima della ripresa prevista per il 7.
Certo non si tratta di una chiusura prolungata come quelle viste durante la pandemia ma non per questo non è stato recepito come un segnale di allarme, arrivato a seguito di un blocco della fornitura durato mesi. La disponibilità di semiconduttori resta infatti insufficiente per garantire continuità produttiva, e si teme che quello di fine anno possa essere solo un primo passo verso un blocco più ampio.
Non il primo caso
Il blocco degli impianti e la crisi di semiconduttori sono stati temi ricorrenti durante ultimi mesi di Honda. Non è stata solo l’Asia a essere coinvolta ma anche il Messico, Stati Uniti e Canada, a confermare un problema radicato. Dietro la scarsità della fornitura c’è anche la tensione creatasi tra Olanda e Cina, legata al controllo dell’azienda Nexperia che, sotto pressione degli Stati Uniti, è stata posta sotto il controllo statale olandese. Così la Cina ha risposto con restrizioni sulle esportazioni dell’azienda creando un effetto domino sull’industria globale.
I ritardi delle forniture accumulati nei mesi sono stati un problema da fronteggiare non solo per Honda, ma anche per altri costruttori come Volkswagen, Nissan e il Gruppo Stellantis che si stanno ritrovando a dover gestire carenze logistiche.
Un problema da 850 milioni
Le conseguenze del blocco raccontano una grave perdita nelle casse di Honda, che secondo le previsioni chiuderà l’esercizio fiscale a marzo 2026 con un buco di 150 miliardi di yen, pari a circa 850 milioni di euro. Un dato, legato direttamente ai tagli produttivi causati dalla carenza di chip, che rischia di minare gli investimenti nella mobilità elettrica e autonoma, necessari a competere nella corsa verso la mobilità del futuro. Ancor di più in un momento di incertezza come quello che si sta vivendo in Europa a seguito del dietrofront sul Green Deal e l’apertura verso nuove tecnologie e soluzioni sostenibili alternative.
La sensazione è che l’industria automobilistica stia pagando il prezzo di una dipendenza tecnologica diventata strutturale. Per Honda, come per molti altri costruttori alle prese con problemi di questo genere, la sfida ora è doppia: garantire la continuità produttiva nel breve periodo e ripensare, nel lungo termine, una filiera più resiliente. Perché se è vero che l’emergenza non ha più i contorni drammatici di qualche anno fa, è altrettanto vero che il problema dei semiconduttori è tutt’altro che archiviato.