• 12 Dicembre 2025 12:08

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Pit stop da record: Ferrari domina il 2025, ma chi è il re dei secondi in F1?

Dic 12, 2025

Nella F1 moderna, la vittoria non si decide solo sul rettilineo più lungo o nelle curve più veloci del circuito. Ci sono secondi, anzi frazioni di secondo, che pesano quanto un giro intero. Parliamo dei pit stop, quei momenti in cui la monoposto si ferma in corsia box, cambia gomme e riparte come un lampo. Nel 2025, la Ferrari ha conquistato il premio ufficiale come miglior pit stop della stagione, confermandosi non solo velocissima, ma straordinariamente costante. Perché oggi, in F1, non basta essere veloci una volta: la ripetibilità è la chiave.

Quando il pit stop diventa arte

Un pit stop si può considerare ottimale se realizzato tra i 2.0 e i 2.2 secondi. Tempi simili a quelli registrati dalla Ferrari in questa stagione, con alcune soste certificate dalla FIA sotto i 2,5 secondi. Tempi da record, ma ciò che conta davvero non è il singolo sprint, bensì la capacità di replicare la performance gara dopo gara. La costanza nei box offre secondi preziosi alla strategia di gara, permettendo manovre come undercut e overcut, che possono ribaltare l’ordine in pista senza che il pilota debba rischiare in curva.

Dietro a questi record c’è un lavoro che dura mesi. I meccanici provano decine di volte ogni gesto nei simulatori interni, con vetture muletti e routine cronometrate. Ogni pistola, ogni dado, ogni sollevamento dell’auto è studiato e monitorato da sensori, microcamere e algoritmi di intelligenza artificiale. Ogni dettaglio, anche il più piccolo, è essenziale.

Evoluzione storica: dai primi pit agli 1,8 secondi di oggi

Negli anni ’50 e ’60, i pit stop erano momenti relativamente lunghi e pericolosi. Le soste potevano durare più di 10 secondi. Il carburante era versato manualmente, i cric tradizionali per sollevare le monoposto, pochi meccanici in azione. Più una pausa tecnica che un’opportunità strategica.

Con gli anni ’80 e ’90, l’introduzione dei dadi a sgancio rapido e di strumenti pneumatici, la specializzazione dei team e la centralizzazione dei ruoli hanno trasformato i pit in veri e propri atti di ingegneria. Un pit stop da record diventava non solo un obiettivo, ma parte integrante della strategia di gara.

Il 2019 resta l’anno simbolo della velocità estrema: la Red Bull Racing realizzò al GP Brasile uno stop da 1,82 secondi con Max Verstappen, grazie a una coreografia perfetta di venti uomini. Oggi, Ferrari, McLaren e Red Bull viaggiano intorno ai 2,0-2,2 secondi con una precisione che garantisce la ripetibilità e non solo il picco di velocità. Nel 2025 il pit più veloce lo ha fatto registrare la McLaren durante il GP d’Italia con Oscar Piastri fermo ai box per 1,91 secondi.

Altri numeri e il vero record della F1 moderna

Considerando gli anni di F1 della storia moderna, come non menzionare il GP Gran Bretagna 2019 dove i meccanici della Red Bull Racing nel pit stop di Pierre Gasly fanno registrare il tempi di 1,91. Il precedente record apparteneva ad una sosta effettuata da Mark Webber, sempre per la scuderia austriaca, al GP USA 2013, in 1,92. La Williams aveva eguagliato la stessa prestazione nel GP Europa 2016, per un cambio gomme di Felipe Massa. Il record è stato nuovamente battuto due settimane più tardi nel corso del GP Germania 2019 sempre dai meccanici della Red Bull Racing, per un pit stop di Max Verstappen, in 1,88. Al GP Brasile 2019, come già descritto in precedenza, il record viene ancora una volta infranto, sempre dai meccanici della Red Bull Racing e sempre per un pit stop di Max Verstappen, con un tempo di 1,82. Nel GP Qatar 2023 viene stabilito il nuovo primato mondiale dai meccanici della McLaren per un pit stop di Lando Norris, con un tempo di 1,80.

La scienza del pit

Ogni pit stop è una coreografia studiata nei minimi dettagli. Oggi ci sono anche gli algoritmi dell’Intelligenza Artificiale che rielaborano migliaia di dati in tempo reale e sono pronti a consigliare quando. La chiamata al box deve arrivare nel momento perfetto, considerando posizione in pista, traffico, stato delle gomme e strategia degli avversari. Una volta che la vettura entra in corsia, i meccanici hanno meno di un minuto per posizionarsi e completare ogni fase.

Le pistole pneumatiche sono collegate a centraline che comunicano in tempo reale con l’ingegnere di pista. Sensori sulla pressione e rotazione dei dadi rilevano eventuali anomalie. Microcamere tracciano il movimento dei meccanici e il software analizza ogni millesimo di secondo. Dopo la gara, il reparto performance analizza i dati, rivedendo video al rallentatore e incrociando informazioni da sensori e telemetria, così da eliminare qualsiasi margine di imprevisto. Squadre come Ferrari stanno introducendo sistemi di machine learning e computer vision per analizzare ogni pit stop, generando report in pochi minuti e ottimizzando il lavoro già durante la gara successiva. Non si tratta più di pura manualità, ma di integrazione tra tecnica, strategia e tecnologia.

La strategia conta quanto la velocità

Con un pit sotto i 2,5 secondi, come quelli mostrati dalla Ferrari nel 2025, il team non punta solo al record singolo: punta alla costanza. Perché in uno sport dominato da microvariabili, la ripetibilità è decisiva. Una sosta veloce ma imperfetta può costare una vittoria, mentre una media di pit veloci e affidabili può diventare un’arma segreta per l’intera stagione. Il box, così, diventa un teatro dove strategia, psicologia e fisica si incontrano. L’abilità dei meccanici è determinante, ma ogni azione è supportata da dati, software e analisi predittiva. Non è un caso che la Ferrari abbia vinto il premio 2025, non ha realizzato il pit stop più veloce della stagione, ma una serie dei più affidabili, un indicatore chiave della professionalità del team.

Pit stop come spettacolo

Se negli anni ’60 un pit stop era solo funzionale, oggi è un vero spettacolo da guardare in tv. La sincronia, l’abilità e la tensione accumulata in pochi metri di corsia box creano momenti di adrenalina pura. Il pubblico applaude la precisione dei meccanici tanto quanto la guida del pilota, perché sa che in quei secondi si decide la storia della gara. E la Ferrari almeno in questo, non delude mai. Ogni GP diventa l’occasione per mostrare una coordinazione quasi teatrale. Dal sollevamento dell’auto, al serraggio dei dadi, al gonfiaggio delle gomme. Tutto è cronometrato, tutto è eseguito con cura maniacale.

Il futuro dei pit stop

Cosa ci riserva il futuro? Si parla di sistemi di IA sempre più sofisticati, sensori miniaturizzati e simulazioni in tempo reale. Si potrà forse scendere sotto i 2 secondi? Forse. Ma la vera sfida resterà la sicurezza e la ripetibilità. In fondo, la F1 non è solo velocità pura: è precisione, strategia e ingegno umano. Ogni anno, i pit stop diventano sempre più decisivi, e nel 2025 la Ferrari ha mostrato che la sua eccellenza non è casuale. Non basta la velocità: serve coordinazione, preparazione e costanza. In una stagione lunga e imprevedibile, la corsia dei box può essere l’ultima frontiera del dominio digitale e umano in F1.

In un mondo dove decimi di secondo possono decidere un Mondiale, i pit stop della Ferrari 2025 sono la dimostrazione che la F1 è molto più di curve e rettilinei. È un intreccio di tecnologia, psicologia e coordinazione umana. Ogni sosta perfetta racconta la storia di anni di allenamenti, analisi dati e perfezionamento. Il premio per il miglior pit stop della stagione non celebra solo la velocità, ma anche la capacità di fare squadra, di anticipare ogni movimento, di trasformare una frazione di secondo in vantaggio competitivo. E in questa stagione 2025, la Ferrari ha dimostrato che nei pit stop, come in pista, ogni dettaglio conta e ogni secondo può scrivere una storia nuova.

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