Obiettivo raggiunto. Con una manovra lenta, fatta di trattative, pressioni politiche e messaggi mandati a Bruxelles, i politici tedeschi hanno ottenuto lo stop al bando delle auto termiche nel 2035. La Commissione europea è pronta a fare marcia indietro e cade anche l’ipotesi, circolata negli ultimi giorni, di una scadenza alternativa fissata al 2040. In altre parole, il divieto totale non ci sarà, i motori endotermici resteranno parte del panorama automobilistico europeo ancora a lungo.
L’Europa cambia rotta sul 2035
A dirlo apertamente è Manfred Weber, leader del Partito Popolare Europeo, che alla Bild ha raccontato l’esito di un incontro con Ursula von der Leyen. Dal 2035 non si chiederà più alle Case di azzerare le emissioni delle loro flotte, ma l’obiettivo scende al 90%: poco in apparenza, in realtà la differenza tra un divieto categorico e la sopravvivenza dei sistemi tradizionali.
Weber è stato esplicito: se il target non è più del 100%, cambia la struttura del piano, come invocato anche dai nostri politici a più riprese, anche perché una posizione radicale offrirebbe il fianco ai produttori cinesi, già in forte ascesa. La totalità dei motori oggi costruiti in Germania potrà continuare a essere realizzata e venduta pure dopo il 2035, inseriti in una strategia complessiva di riduzione delle emissioni. Le dichiarazioni di Weber sono state confermate da un portavoce e riprese, senza smentite, da più testate tedesche.
La svolta dovrebbe essere annunciata ufficialmente martedì 16 dicembre. Secondo la Bild, l’accordo politico è già stato raggiunto nella notte e definito nei suoi punti essenziali. A pesare sulla decisione di Bruxelles non c’è stata solo la posizione del nuovo cancelliere tedesco Friedrich Merz, che sul tema ha mantenuto una linea ferma, ma anche una lettera congiunta firmata da Giorgia Meloni insieme ad altri capi di governo europei, tra cui il premier polacco Donald Tusk. Un fronte trasversale, unito da un interesse comune: evitare uno shock industriale difficile da assorbire.
La spinta dei governi e l’accordo a Bruxelles
Il linguaggio usato per raccontare questa retromarcia è significativo. Invece di chiamare la sconfitta del Green Deal, predomina il concetto di “neutralità tecnologica”: il Vecchio Continente ribadisce l’impegno sulla neutralità climatica, ma smette di imporre una sola tecnologia agli operatori di settore, che negli ultimi anni hanno investito miliardi sull’elettrico spesso soprattutto per obbligo normativo anziché per una reale convinzione.
Al di là, però, della retorica l’industria auto europea sta attraversando un periodo complicato, provocato da costi energetici elevati e da una domanda dell’elettrico inferiore alle previsioni. Con il settore già in affanno, un divieto categorico dal 2035 avrebbe messo a rischio decine di migliaia di posti di lavoro lungo la filiera, dalla componentistica ai fornitori, passando per la manifattura pura.
La nuova impostazione persegue la riduzione drastica delle emissioni, a prescindere dalla tecnologia specifica applicata dai vari marchi. Evolve il rapporto tra politica e industria, aperto alle manovre dei costruttori tra elettrico, ibrido avanzato, carburanti alternativi e soluzioni ancora in fase di sviluppo. Tutto è lecito, a patto di osservare le esigenze del Pianeta, troppo spesso messe in secondo piano dall’uomo negli ultimi secoli.