• 10 Dicembre 2025 9:41

Corriere NET

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Nuovo pacchetto di sostegno all’auto da parte dell’Ue: si decide il 16 dicembre

Dic 10, 2025

C’è un’immagine che da sola racconta lo stato d’animo di Bruxelles: una macchina lanciata in corsia di sorpasso che, all’improvviso, vede comparire davanti a sé una nebbia fitta. È la metafora, quasi obbligata, del nuovo capitolo della transizione verde, atteso per il 16 dicembre, quando la Commissione europea dovrebbe svelare il pacchetto di misure dedicato all’automotive. Un dossier promesso, rimandato, rimaneggiato, e oggi più che mai intriso di ambiguità politica, pressioni industriali e ripensamenti strategici.

Il Green Deal scricchiola

Già, perché ciò che doveva essere il passaggio più lineare del Green Deal — la regolazione del settore che più di ogni altro incarna l’identità economica del continente — è diventato il terreno dove si misura la capacità dell’Ue di fare i conti con la realtà. Una realtà che non sempre coincide con gli slogan. E infatti, con il nuovo pacchetto si riapre la ferita del 2035: lo stop ai motori termici, approvato nel tripudio retorico delle grandi rivoluzioni e oggi rimesso sul tavolo, come un oggetto fragile che nessuno sa più come maneggiare.

La scadenza del 16 dicembre, peraltro, non è nemmeno sicura. Nei corridoi di Bruxelles circola da giorni un mantra sotterraneo: “È tutto in evoluzione”. Lo ha detto, in modo più diplomatico, il commissario ai Trasporti Apostolos Tzitzikostas, annunciando un rinvio “di alcune settimane” rispetto alla data del 10 dicembre inizialmente prevista. Tradotto: non si esclude affatto uno slittamento a gennaio. Un dettaglio? No. È il sintomo di un fronte interno che fatica a trovare una quadratura.

Tre nodi da sciogliere

Sul tavolo ci sono tre nodi. Il primo: come rendere più verdi le flotte aziendali senza trasformare il provvedimento in un macigno per le piccole e medie imprese, già provate dall’aumento dei costi energetici e dall’inflazione sulle materie prime. Il secondo: come intervenire sulla riforma dello stop ai motori a combustione, che ormai non può più essere presentata come un passaggio tecnico, ma come una scelta politica con ricadute sociali profonde. Il terzo: l’“omnibus”, la maxi-operazione pensata per semplificare una giungla normativa che negli ultimi anni ha complicato la vita a costruttori, fornitori, e operatori del settore.

E in mezzo, come sempre, c’è lei: l’industria europea dell’auto. Che non è un mondo, ma tanti mondi diversi che convivono con fatica. Da un lato i colossi tedeschi, travolti dalla concorrenza cinese e dall’incertezza interna, che temono il 2035 come un countdown senza paracadute. Dall’altro i Paesi dell’Est, dove l’automotive è ancora lavoro di fabbrica, produzione fisica, catene di montaggio che rischiano di spezzarsi. Poi c’è la Francia, più incline a sposare l’elettrico purché l’Europa alzi barriere e protezioni. E infine l’Italia, che nella transizione sente più degli altri l’odore acre della perdita di identità industriale.

Avanti con cautela

Di fronte a questo mosaico, l’esecutivo di Ursula von der Leyen procede con passo doppiamente cauto: da una parte rivendica gli obiettivi climatici, dall’altra riconosce la necessità di “realismo operativo”. È l’espressione che più circola nei briefing interni, mentre nei ministeri delle capitali cresce il sospetto che, al netto delle dichiarazioni, l’Europa stia cercando di rallentare senza ammetterlo.

Il risultato è un pacchetto che, ancora prima di essere pubblicato, ha già un destino: dividere. Dividere tra chi vede nella revisione del 2035 un tradimento della visione ecologista, e chi la interpreta come una boccata d’ossigeno. Tra chi teme che Bruxelles torni indietro, e chi spera che lo faccia almeno un po’. Tra chi guarda al mercato cinese con terrore, e chi guarda alle proprie filiere interne con disperazione.

Il 16 dicembre — o quando sarà — non si deciderà soltanto il futuro dell’auto. Si misurerà l’ennesima prova di maturità dell’Europa: capire se sia ancora capace di guidare una trasformazione senza farsi schiacciare dal suo stesso peso. Perché la nebbia può essere fitta, sì. Ma il vero pericolo è non sapere più qual è la strada.

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