BRATISLAVA – Il presidente dell’Eurogruppo, Jeroen Dijsselbloem, al termine dell’Ecofin di Bratislava, torna a parlare del caso Apple e delle tasse non pagate, ampliando il discorso a tutte le multinazionali Usa. Per il ministro delle finanze olandese i tempi “stanno cambiando” e le grandi multinazionali Usa che finora hanno goduto di trattamenti fiscali di favore in alcuni paesi europei, come Apple in Irlanda, dovranno adeguarsi a versare le giuste tasse agli erari del vecchio continente.
“Le compagnie multinazionali hanno il dovere di pagare le tasse in modo giusto e credo che dobbiamo lavorare tutti insieme per assicurarci che sia così”, ha affermato Dijsselbloem, che è anche il ministro delle Finanze olandese, “il mio messaggio a queste aziende è che stanno combattendo la battaglia sbagliata. Dovete superarlo, i tempi stanno cambiando e dovete pagare le vostre tasse in maniera giusta. Parte di esse saranno negli Usa, parte in Europa. Quindi preparatevi a farlo”.
La richiesta ad Apple di versare 13 miliardi di tasse arretrate all’Irlanda, che faceva pagare a Cupertino un’imposta sugli utili pari allo 0,005% considerata da Bruxelles aiuto di Stato, è stata uno degli argomenti al centro dei colloqui tra i ministri intervenuti a Bratislava. Il commissario europeo agli Affari economici e finanziari Pierre Moscovici ha detto di “non essere preoccupato per niente” per eventuali conseguenze negative sull’attrattività dell’Ue agli occhi delle multinazionali dopo la decisione sugli accordi fiscali tra Apple e Irlanda. “Perché è una decisione basata sui fatti e ora sta alla Corte pronunciarsi”. Moscovici ha inoltre confermato che tra fine ottobre e metà novembre presenterà la proposta che punta a creare una base imponibile comune (Common consolidated corporate tax base o Ccctb). “Non c’è un momento migliore per rilanciarla, so che la frustrazione dei cittadini cresce”, ha detto Moscovici, ribadendo che la decisione sulla Apple “manda il segnale chiaro che gli anni dell’evasione sono finiti e non si possono aggirare le regole degli aiuti di Stato”. Tutte le aziende, di qualunque origine, “devono pagare la giusta quota di tasse sui profitti, dove vengono fatti”. Al termine dell’Ecofin, che ha discusso anche di fisco, Moscovici ha spiegato di aver trovato gli Stati piuttosto “favorevoli a progredire in questo momento”, anche se non sono d’accordo su tutto”. Ma ha ricordato che per approvare la proposta serve l’unanimità.
Il rappresentante di Dublino, Michael Noonan, ha ribadito l’intenzione di ricorrere alla Corte di Giustizia Ue contro l’ingiunzione, che priverebbe l’Irlanda dello status di paradiso fiscale di fatto che ha attratto nella verde isola i colossi della Silicon Valley, ansiosi di eludere il fisco grazie a triangolazioni contabili come il famigerato ‘double irish with dutch sandwich’.
A rendere ancora più delicata la questione sono i 45 miliardi di euro prestati all’Irlanda dagli altri paesi europei ai tempi della crisi bancaria che scosse l’ex tigre celtica, che oggi sta di fatto rifiutando un assegno da 13 miliardi messo a disposizione dai suoi stessi creditori.
Noonan ha espresso nondimeno la speranza di poter fare fronte comune con altri paesi membri finiti nel mirino di Bruxelles per le eccessive agevolazioni fiscali offerte alle multinazionali, nello specifico Olanda, Belgio e Lussemburgo. Se Dijsselbloem non potrà certo portare avanti a uso interno una posizione diversa da quella espressa come leader dell’Eurogruppo, il suo collega lussemburghese, Pierre Gramegna, ha espresso critiche contro l’orientamento “retroattivo” di tali iniziative comunitarie ma ha espresso fiducia nella giustizia e non ha fatto sapere se intende ricorrere a Strasburgo come l’Irlanda. La stessa cancelliera Angela Merkel aveva espresso giorni fa la sua perplessità sulla “botosta retroattiva” imposta dall’Antitrust europeo che potrebbe scoraggiare le multinazionali Usa a investire in Europa.
I ministri delle Finanze di Austria e Spagna, intanto, hanno annunciato che indagheranno su eventuali pendenze di Apple nei confronti dei loro erari e, nel caso, chiederanno il saldo del dovuto. La Francia ha invece fatto sapere che si asterrà da iniziative simili.
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Il caso Apple rilancia anche la questione della ‘digital tax‘, su cui, secondo il ministro dell’economia Pier Carlo Padoan, bisognerebbe fare progressi. Sono tre gli aspetti della vicenda discussi dall’Ecofin: “La prima è che è il segnale che bisogna fare dei passi avanti per una maggiore integrazione dell’approccio alle politiche fiscali in Europa che possa evitare distorsioni. Secondo, che il caso Apple pone anche la questione della intersezione, spesso non chiara, delle politiche della tassazione, della concorrenza e aiuti Stato”, ha detto Padoan.
Infine, ha aggiunto, pone il problema di come fare progressi sulla cosiddetta digital tax, cioè “un fenomeno molto complesso, sfuggente”. Per Padoan “è uno dei terreni su cui riflettere e fare progressi, anche se non c’è un quadro europeo condiviso”. C’è però, la questione “di come questa importante fonte di produzione di ricchezza che è l’economia digitale possa essere resa compatibile con una politica di tassazione equa che permetta allo stesso tempo di mantenere elevato l’incentivo all’investimento da parte delle multinazionali ma permetta anche allo Stato di ottenere la sua quota di entrate tributarie”.