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Auto elettrica, no grazie: quali sono gli ostacoli e le (vere) paure

Ago 27, 2025

Nel 2035, dicono, sarà finita: addio benzina e diesel, risucchiati dall’auto elettrica (BEV), ma basta leggere i numeri raccolti da carVertical per capire quanto sia larga la distanza tra le intenzioni di Bruxelles e quello che davvero muove gli acquirenti. Oggi, quattro persone su cinque tornerebbero al termico senza pensarci troppo, come se il futuro imposto dall’alto non fosse altro che una voce inascoltata, una promessa scritta in un documento da stracciare.

Resistenza al cambiamento

Il sondaggio fotografa una resistenza concreta, legata a dinamiche economiche, e gli incentivi statali, pur funzionando nel breve periodo, dimostrano di avere effetti temporanei. Appena vengono ritirati, le vendite di auto elettriche si sgonfiano e la ragione è evidente:Prezzi elevati, scarsa infrastruttura di ricarica e pregiudizi diffusi sono tra i principali ostacoli alla diffusione dei veicoli elettrici. Nonostante gli sforzi dei governi, la transizione dai motori tradizionali sarà molto più lenta di quanto auspicato”, spiega Matas Buzelis, esperto di carVertical.

I numeri lo confermano: il 43,8% degli intervistati continua a preferire l’alimentazione a benzina, segue il diesel col 38,9%, l’ibrido convince il 10,4%, mentre solo il 5,6% direbbe di sì a un’elettrica. Le distanze tra obiettivi politici e scelte di mercato, a giudicare da queste percentuali, sono ancora abissali e, alla domanda diretta sull’acquisto, il 51,5% degli utenti ha risposto che non prenderà in considerazione una BEV nel prossimo futuro, contro il 12,2% di favorevoli e il 36,3% di indecisi.

E anche tra quelli che stanno valutando una BEV, l’ambientalismo sembra avere un ruolo secondario. La spinta arriva piuttosto da calcoli freddi e considerazioni pratiche, infatti secondo il 47,2% i costi di gestione e manutenzione sono inferiori rispetto a quelli di una vettura tradizionale, in quanto i motori hanno meno parti soggette a usura. Il 17,6% si lascia convincere dalle agevolazioni fiscali, tra cui l’esenzione dal bollo per cinque anni in Italia — in alcune regioni anche a tempo indefinito — o i vantaggi offerti dai Paesi Bassi, dove non si pagano tasse di immatricolazione né di circolazione. Un altro 14,1% indica come motivo principale i sussidi diretti: in Francia, per esempio, si arriva fino a 7.000 euro di bonus, in base al reddito.

Perché gli incentivi hanno effetto limitato

Ma questi vantaggi hanno tempo limitato e, quando vengono meno, il mercato frena di colpo: è successo in Svezia nel 2022, è successo in Germania nel 2023, e lo stesso schema si è visto negli Stati Uniti, con il taglio dei crediti d’imposta e dei fondi per l’infrastruttura di ricarica. “Gli incentivi pubblici sono efficaci, ma non sostenibili nel lungo periodo”, avverte Buzelis. “Finché la convenienza non sarà percepita come intrinseca all’elettrico, la domanda resterà fragile.

Appena il 14% degli intervistati cita motivazioni ecologiche tra le ragioni di acquisto, e appena il 7,1% parla di basse emissioni. Sul fronte opposto, tra gli oppositori dell’elettrico, il 32% segnala prezzi troppo alti, il 26,7% nutre ancora dubbi sull’autonomia, il 21,1% lamenta l’assenza di colonnine e il 12% teme un crollo del valore di rivendita, un punto ribaltato da Buzelis: “Gli acquirenti di seconda mano possono infatti trovare ottime occasioni, impensabili per i veicoli a benzina o diesel. Chi era pronto, l’acquisto l’ha già fatto. Ora molti stanno iniziando a considerare l’elettrico come seconda auto”.

Nel frattempo, mentre in Europa si discute di regole e obiettivi, la Cina corre. Ad aprile 2025 BYD ha superato Tesla nelle vendite globali di auto elettriche, segnando un +359% rispetto all’anno precedente, nonostante i dazi imposti dall’Unione Europea. Il mercato si sta trasformando, e non secondo le coordinate fissate da Bruxelles.

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