• 6 Dicembre 2025 19:16

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Dante Giacosa, il rivoluzionario di Fiat: in mostra le 10 icone che hanno segnato un’epoca

Lug 16, 2025

In un mondo automobilistico sempre più dominato da algoritmi, piattaforme modulari e intelligenza artificiale, tornare a celebrare l’uomo dietro la macchina è un gesto raro. Stellantis Heritage lo fa con convinzione, allestendo all’Heritage Hub di Mirafiori una mostra temporanea dedicata a Dante Giacosa, il progettista che più di ogni altro ha plasmato l’identità tecnica e culturale della Fiat nel Novecento.

Il pretesto è nobile: il 120° anniversario dalla sua nascita, ma sotto vige una presa di posizione, in un’epoca in cui si tende a dimenticare che, prima della tecnologia, esistono le idee e quelle di Giacosa hanno cambiato la storia delle quattro ruote. La mostra, aperta al pubblico fino a settembre 2025, si snoda negli spazi dell’ex Officina 81 a Torino, oggi cuore pulsante del complesso Heritage Hub. All’ingresso, accolgono i visitatori dieci vetture iconiche firmate da Giacosa, selezionate per raccontare le sue svolte progettuali più significative, e altri modelli meno noti, tra cui la rarissima Prototipo 100, sono dislocati nei percorsi tematici dell’Hub, a simboleggiare l’influenza capillare del suo lavoro.

Ciascuna delle vetture messe in esposizione suscita orgoglio patriottico, a partire dalla Fiat 500 “Topolino”, presente nella versione 500B del 1948, simbolo di un Paese determinato a rialzarsi con dignità e ingegno, la vera anticamera della motorizzazione di massa. Al suo fianco, la Campagnola del 1951, primo fuoristrada italiano a grande diffusione, dimostrava che la robustezza poteva convivere con la semplicità costruttiva. Poi arriva la 600 Multipla (1956), capostipite dei monovolume, una provocazione tecnica diventata leggenda, pronta ad accogliere fino a sei occupanti in poco più di 3 metri.

La 500 e la rinascita dell’Italia

Presentata nel 1957, la Fiat Nuova 500, scatoletta geniale, diventa l’auto del popolo, fabbricata in 3,8 milioni di esemplari e capace, più di ogni altra, di accompagnare la crescita dello Stivale intero. Accanto a lei prende spazio la 500 Giardiniera, del 1960, adorata da artigiani, commercianti e famiglie numerose.

Negli anni Sessanta, Giacosa prosegue nella sua missione di rendere la tecnica un fatto popolare con la 124 del 1966, perfetto equilibrio tra robustezza, eleganza e accessibilità. Vincitrice dell’“Auto dell’Anno” nel 1967, verrà prodotta su licenza in Unione Sovietica (sotto il marchio Lada), in Spagna, Turchia, India, aprendo il sentiero ai modelli globali.

Dal genio urbano all’innovazione industriale

Nel 1969 Fiat mette in campo tre modelli molto diversi tra loro, tutti frutto di una stagione progettuale che segna un prima e un poi. L’Autobianchi A112 si rivolge a un pubblico giovane e urbano, offrendo una compattezza studiata per la città e un’impostazione moderna, la Fiat 130, invece, cerca di alzare l’asticella, proponendosi come una berlina di rappresentanza, capace di competere con le ammiraglie tedesche. Infine, la 128 – consacrata Auto dell’Anno 1970 – è la prima vettura di grande serie con motori e trazione montati anteriormente, disposti trasversalmente, una scelta destinata a diventare lo standard mondiale. Nel 1972 tocca alla Fiat 126, erede naturale della 500: squadrata e concreta nella carrozzeria, in pieno stile anni Settanta, verrà realizzata per quasi trent’anni, soprattutto in Polonia, dove diventa un’icona nazionale e sarà anche l’ultima Fiat con motore posteriore, la fine di una corsa cominciata con la Topolino.

Proprio quest’anno, nel 2025, la Fiat 600 compie settant’anni: presentata a Ginevra nel ’55, è la risposta a un’Italia affamata di futuro. Sviluppata per costare il meno possibile senza sacrificare funzionalità, ha la scocca portante, il motore da 633 cc e la trazione posteriore, nonché le sospensioni indipendenti. Con i suoi 95 km/h di velocità massima e quattro posti veri, rappresenta un salto in avanti rispetto alla Topolino e uscirà in 4,9 milioni di esemplari dagli stabilimenti, non solo italiani. A questo successo si aggiungono, nel 1956, la variante Multipla, una piccola monovolume ante-litteram, con tre file di sedili in poco più di tre metri, la 600D, con maggiore cilindrata, e le elaborazioni Abarth 850 TC e 1000 TC, le quali, leggere e nervose, andranno a umiliare concorrenti di rango superiore.

Alla recente 1000 Miglia 2025, ha partecipato anche una 600 prima serie del 1955, celeste, perfettamente restaurata, condotta da un equipaggio interamente al femminile. A rendere, tuttavia, ancora più interessante il collegamento tra passato e futuro è stata la presenza di due “eredi” quali la nuova Fiat 600 Hybrid e la Abarth 600e da 280 CV, una staffetta simbolica tra ciò che Giacosa ha creato e ciò che, oggi, Stellantis raccoglie e rilancia, la filosofia dell’ingegno accessibile.

Il metodo dietro il miracolo

Dante Giacosa nasce a Roma nel 1905, ma le sue radici affondano nel Piemonte, a Neive. Studi classici prima, Ingegneria meccanica poi al Politecnico di Torino, dove consegue consegna la laurea nel ’27, viene accolto tra le file di Fiat l’anno seguente. A neanche trent’anni inizia a disegnare il futuro su carta millimetrata, con il primo colpo vero sparato nel 1936, sotto la forma della Topolino, a cui seguono la 1400, la 1900 e la Campagnola. Eppure, la sua visione prende davvero il volo nel dopoguerra, espresso in icone immortali quali la 600, la Multipla, la nuova 500, la 124, la 128 e la 127. Un flusso continuo di idee scese in strada.

Giacosa disegnava relazioni inedite tra persone e mobilità, spesso in rottura coi vecchi sistemi e uno degli esperimenti visionari fu la Autobianchi Primula, antesignana della trazione anteriore con motore trasversale. Era anche professore al Politecnico, autore del celebre libro Motori endotermici, inventore con 62 brevetti, e voce rispettata in tutte le associazioni tecniche europee. Nel 1959 riceve il Compasso d’Oro per la 500, ma non cerca mai i riflettori, nel 1970 viene nominato consulente della Presidenza Fiat, poco più avanti lascia l’Azienda e, per la prima volta, si concede di raccontare sé stesso, attraverso le pagine del libro I miei 40 anni di progettazione alla Fiat, dove si racconta senza compiacimenti né mitologie.

Muore a Torino nel 1996, a 91 anni, eppure, a distanza di decenni, il suo metodo continua a far parlare i progettisti moderni perché Giacosa aveva il dono dell’essenzialità innato, da lui riassunto così: “Progettare è anche valutare le difficoltà, individuare i problemi essenziali e risolverli nel modo più semplice e completo”. Una lezione di eleganza applicata al quotidiano. Visitabile fino a settembre 2025, la mostra all’Heritage Hub rappresenta un’occasione imperdibile per riscoprire l’uomo dietro il volante, il progettista in grado di motorizzare l’Italia senza mai dimenticare che ogni macchina deve nascere per servire l’uomo. E non viceversa.

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