domenica 26 marzo 2017 12:40
ROMA – “Questo è un campionato anomalo, probabilmente ci si salva con 25 punti”. L’ex tecnico, tra le altre, di Bologna, Lazio, Fiorentina, Sampdoria, Palermo Delio Rossi, commenta così il campionato italiano ai microfoni di Italia nel Pallone in onda su Radio 2: “Ma comuque da un po’ di tempo ci sono diversi campionati nel campionato: ce n’è uno di testa, con due o tre squadre, l’anno prossimo presumo ci sarà anche l’Inter e magari anche il Milan se ci sarà il closing. Poi ci sono quelle che lottano per i posti Europei, poi le altre molto più deboli, ma non esiste che ci siano 15 punti tra la quartultima e la quint’ultima!”.
IL PALERMO – Da ex tecnico rosanero, Rossi si focalizza anche sulla situazione del Palermo: “Onestamente non mi sono fatto un’idea sulla questione di Baccaglini e della nuova presidenza, Zamparini è una persona imprevedibile. Mi dispiace però vedere la squadra in queste condizioni, gli spalti vuoti, lo scarso attaccamento della gente significa che al di là del momento i tifosi non vedono un futuro, speriamo che questo passaggio di proprietà possa riaccendere in loro la speranza”.
TOTTI E SPALLETTI – “Io vivo tuttora a Roma e ho allenato la Lazio, so che indipendentemente dai risultati questa è una piazza di contestazioni ma anche di grande partecipazione, mai in nessun’altro posto si vede questo interesse mediatico, non c’è a Milano, a Genova, a Firenze… nove o dieci radio che parlano di calcio dalla mattina alla sera, è una roba unica in Italia. Ma questo non significa che non si può fare un buon lavoro sul campo. Spalletti conosceva già l’ambiente romano, quindi credo sapesse a cosa andava incontro. Dal punto di vista tecnico credo gli sia riconosciuto che sta facendo un ottimo lavoro”. Rossi resta in casa giallorossa e sposta l’attenzione su Totti: “L’allenatore prima di tutto deve essere coerente, ci sono dei punti fissi, dei cardini sui quali non si transige. Chi non si allena non gioca, chi non si comporta in una certa maniera non gioca. Ma sarei sciocco a dire che tutti i giocatori sono uguali: ci vuole uniformità, certo, ma ognuno ha bisogno di essere trattato con delle accortezze differenti. Fermo restando che un grande campione ha qualcosa in più, e se il gruppo gli riconosce queste doti fuori dal comune lui può permettersi un certo comportamento. Alla base secondo me bisogna sempre dirsi la verità: devi essere onesto, devi dire al giocatore “cosa” vuoi da lui e anche “come” lo vuoi, non puoi pigliarlo in giro. Poi c’è chi capisce e chi no, d’altronde i calciatori pensano sempre di avere vent’anni , e molte volte anche se la testa riesce a pensare alle giocate giuste il corpo non regge più quelle idee. Qualche giocatore magari non lo accetta, è cosi. Alla lunga dire la verità mi ha sempre ripagato anche nei rapporti con loro, magari inizialmente c’è lo scontro ma poi è meglio per tutti”.
IL FOGGIA – “Conosco bene l’ambiente, e ovviamente ho guardato il derby con il Lecce (finito 3-0 per il Foggia). Se sono diventato calciatore professionista lo devo al Foggia, se sono diventato allenatore altrettanto. C’è un rapporto particolare. Sono tifoso di tutte le squadre che ho allenato ma se devo sceglierne una dico sempre Foggia!“.
I GIOVANI – “C’è una inversione di tendenza rispetto a prima, devo dire che c’è la crescita di qualche giovane importante, mi viene in mente Bernardeschi, ma anche altri, che giocano con continuità nei club. Questo però a volte non è dettato da una reale fiducia nei ragazzi , ma magari dal fatto di non avere soldi da investire su giocatori più blasonati, tolta magari l’Atalanta che lo fa per scelta. Ma ora ci sono 10 squadre che non hanno niente da chiedere al campionato, quindi non vedo perché non puntare su questi esperimenti coi ragazzi”.