AGI – Il gip del Tribunale di Bologna, Alberto Ziroldi, ha disposto l’archiviazione per l’ipotesi di reato di istigazione al suicidio, nonchè la trasmissione degli atti alla procura perché indaghi sull’ipotesi di diffamazione, riguardo il caso del tiktoker 23enne che si tolse la vita in diretta social nell’ottobre 2023. Il giudice ha dunque accolto parzialmente le richieste dei familiari di Vincent Plicchi, suicida dopo essere stato vittima di cyberbullismo, investito da false accuse di pedofilia. I familiari si erano opposti alla richiesta di archiviazione presentata dal pm Elena Caruso, al termine delle indagini svolte.
“Occorre evidenziare che le condotte dei soggetti coinvolti, benché moralmente del tutto riprovevoli, non paiono idonee alla configurazione del delitto di cui all’articolo 580 c.p., quantomeno sotto il profilo strettamente soggettivo”, motiva il gip, nel disporre l’archiviazione, sottolineando che “non c’è la prova, né pare acquisibile, che gli autori dei messaggi e dei commenti contestati fossero realmente consapevoli del fatto che tali atteggiamenti avrebbero potuto spingere il giovane Vincent Plicchi all’estremo gesto”.
Per Ziroldi, non pare potersi configurare neanche il reato di stalking, ipotizzato nell’esposto dei familiari, “dal momento che, benché il contributo fornito da ciascuno degli utenti della cosiddetta ‘shitstorm’ abbia nei fatti generato nella persona offesa uno stato d’ansia tanto da indurlo al suicidio, i messaggi contenenti minacce e offese risultano provenire da account riconducibili a soggetti differenti, rispetto ai quali non si configura dunque l’abitualità propria del delitto di atti persecutori, intesa appunto come reiterazione delle condotte vessatorie”. Infine, per il gip, non è possibile sostenere che “i vili messaggi rivolti a Vincent fossero espressione di una comune intenzione e di un accordo preordinato tra i vari utenti intervenuti nella vicenda”.