AGI – Sale l’attesa per le offerte per l’acquisizione di Acciaierie d’Italia in amministrazione straordinaria, l’ex Ilva.
Alla scadenza di ieri, alle 24, sono giunti i rilanci di tutti e tre i gruppi in corsa per prendere l’intero gruppo dell’acciaio con i suoi stabilimenti e società collegate: Baku Steel Company, Jindal International e Bedrock, la cui provenienza è rispettivamente Azerbajian, India e Stati Uniti; aziende siderurgiche le prime due, fondo di investimento il terzo.
In mattinata è attesa una comunicazione, non è certo se del ministro delle Imprese, Adolfo Urso, oppure dei commissari di AdI, Fiori, Quaranta e Tabarelli, sulla conclusione della gara.
Quest’ultima è stata lanciata a fine luglio con un bando internazionale e alla data del 20 settembre ha visto l’arrivo delle manifestazioni di interesse di cui tre per la società AdI intera e le altre per singoli, specifici asset. A quanto pare, ieri sera tardi non ci sarebbe stato un primo, sommario esame dei tre rilanci arrivati, ma solo il riscontro che Baku, Jindal e Bedrock hanno effettivamente rilanciato. L’ultima offerta aggiornata sarebbe arrivata poco prima delle 24, quindi sul filo della scadenza.
A Urso sarebbe stata data comunicazione dell’arrivo dei rilanci. E proprio perchè l’ultima proposta è pervenuta in extremis, non ci sarebbe stato il tempo per un primo vaglio di merito, che comincerà nelle prossime ore. Anche perchè si tratta di documenti da esaminare con attenzione che investono molteplici profili.
Nelle ultime ore sono divenute più insistenti le indiscrezioni, anche di fonti sindacali nazionali, che indicano in Baku Steel il prossimo gestore dell’acciaieria nonostante i passi avanti pure fatti dagli altri competitor. Inoltre, non ha avuto alcun seguito concreto l’ipotesi che Baku e Jindal potessero unire le loro forze e presentare un’offerta unica, dato che i tre si sono presentati singolarmente.
Anzi, già prima della chiusura dei rilanci, l’offerta degli azeri – che dalla loro hanno sia la grande disponibilità di gas che serve per la transizione dagli altiforni ai forni elettrici, sia l’alleanza con Azerbaijan Investment Company Ojsc, fondata nel 2006 dal Governo della Repubblica dell’Azerbajian che detiene il 100% del capitale – si presentava migliore rispetto a quelle di Jindal e di Bedrock.
Gli azeri, infatti, prima dell’ultimo step, avrebbero offerto un miliardo per l’azienda – 500 milioni per il magazzino e altrettanti per l’impianto – e il mantenimento di 7.800 posti di lavoro per due anni, requisito questo indicato nel bando di vendita, sui poco meno di 10mila che sono l’organico di tutta AdI a fine gennaio 2025. Questi elementi sarebbero stati adesso migliorati.
Il tema occupazionale è infatti una delle priorità insieme alla decarbonizzazione della produzione dell’acciaio e agli investimenti ambientali. E avere un numero molto alto di esuberi avrebbe complicato le cose, già non facili, considerato che il passaggio, nel 2018, da Ilva in amministrazione straordinaria ad ArcelorMittal ha creato esuberi, attualmente circa 1.700 in cassa integrazione straordinaria a zero ore da diversi anni, di cui 1.474 solo a Taranto e 206 a Genova alla data del 30 giugno 2024.
In ambienti vicini al dossier, si osserva che Baku, Jindal e Bedrock hanno dimostrato di essere delle società serie poiché sino all’ultimo momento hanno lavorato, chiesto e approfondito. È vero che i rilanci avvenuti superano le precedenti offerte del 10 gennaio scorso, ma qualora da parte di uno o più gruppi non ci fossero stati aggiustamenti rispetto a questa data, comunque la proposta del 10 gennaio sarebbe comunque valsa e rimasta sul tavolo.
Adesso, una volta determinata l’offerta migliore, partirà il confronto esclusivo con il proponente nell’ottica o di arrivare a ulteriori perfezionamenti, oppure alla stesura del contratto di vendita sulla base dell’ultima proposta presentata. Infine, non è escluso che il gruppo che acquisirà AdI possa cedere a sua volta a terzi alcuni asset specifici del gruppo se non ritenuti di suo interesse. Ma servirà capire dal piano industriale del vincitore se talune attività meno centrali rispetto agli stabilimenti di Taranto, Genova, Novi Ligure e Racconigi, hanno priorità o meno. In questo caso, l’acquirente comprerebbe comunque tutto – perché il bando ha privilegiato coloro che si sono fatti avanti per l‘acquisto unitario – per cedere poi in un secondo momento le unità complementari.