In F1 ogni dettaglio si fonde in un mosaico di velocità e ingegno. Il destino di una monoposto si gioca spesso sul filo sottile del grip, sulla capacità di domare l’asfalto e trasformare la potenza in perfezione. Dal 2011, la Pirelli regge le redini di questo equilibrio delicato, fornitore unico di pneumatici in un mondo elitario che non ammette imperfezioni. Eppure, anche in un regime dove vige un sorta di monopolio, l’azienda italiana ha dovuto reinventarsi. Un adattamento ai mutamenti imposti dai regolamenti e alle richieste incessanti delle Federazione Internazionale. In ogni singolo prodotto risuona il battito di una sfida continua tra innovazione e controllo, tra aderenza e velocità pura.
Mentre i team affinano le loro vetture nell’ombra delle gallerie del vento, Pirelli, in questo momento storico della massima categoria del motorsport, sta operando su un doppio fronte. La stagione 2025 è ormai alle porte. Finalmente, dopo la pausa invernale, vedremo sfrecciare i nuovi bolidi sul meraviglioso tracciato di Albert Park. Per la nuova stagione ci sarà una gamma di pneumatici rivisitata, pronta a mordere l’asfalto di Melbourne tra poco più di quaranta giorni, nell’ultimo anno di continuità regolamentare. Tuttavia il futuro incombe, e con esso il progetto 2026: vetture più avveniristiche, che conserveranno sì cerchioni da 18 pollici, ma stringeranno la presa sulle strade del mondo, con pneumatici più sottili sia all’anteriore che al posteriore.
Una scelta dettata dalla necessità di ridurre la resistenza all’avanzamento, per guadagnare quella leggerezza che separa l’eccellenza dalla semplice velocità. Eppure ogni progresso ha il suo prezzo in F1: meno superficie a contatto con l’asfalto significa un valore di grip inferiore. Una performance più bassa nelle curve maggiormente audaci. Per questo vige una chiara incertezza, specie considerando le difficoltà di testare nel campo ipotetico, con mezzi reali adattati, considerando che le vetture 2026 ancora non esistono. È una sfida sottile. Complessa. Di recente, il direttore di Pirelli Motorsport, il milanese Mario Isola, ha fatto il punto su questi equilibri per comprendere come sta prendendo forma il domani della F1.
F1, Pirelli 2025: la curva di apprendimento delle nuove gomme
La stagione 2025 porta con sé tematiche davvero interessanti. Se facciamo un passo indietro con la mente, alla scorsa campagna agonistica, ricorderemo come la “formula gomme”, molto più spesso di quanto si potesse pensare, abbia preso la scena dei fine settimana di gara. In questo caso va chiarito un fatto: non si può certo incolpare il gommista italiano per tale “dipendenza” dagli pneumatici. Al contrario, il lavoro sviluppato dal costruttore lombardo è stato ottimale. Va infatti ricordato che ogni singolo prodotto nasce da precise indicazioni che la Federazione Internazionale ha richiesto. Servivano delle mescole che potessero allargare il range di competizione, dando la possibilità di incidere in merito alla bravura dei tecnici nel capire e poi sfruttare al meglio le coperture.
E così è stato. Per il 2025 qualcosa è cambiato in termini di prodotto. Servirà una curva di apprendimento, questo è certo, sebbene sarà ridotta rispetto al prossimo futuro. La nuova costruzione dello pneumatico, benché generalmente dovrebbe essere in linea con quella della passata stagione, nutre il bisogno fisiologico di saper gestire lo step prestazionale delle monoposto di F1. Una conseguenza delle capacità di tecnici e ingegneri nel sommare prestazione alle vetture, infatti, richiedeva dei compound con più resistenza allo stress. Il materiale utilizzato dalla Pirelli per le coperture è pertanto differente. Un provvedimento imprescindibile per raggiungere un grado di integrità superiore.
Fonte: Getty Imagesun tecnico della Pirelli che ispeziona le gomme dopo un long run
Ridisegnare l’intera gamma non è stato facile. L’unica mescola che resta invariata è la C1, la più dura a disposizione, mentre la C2 ha subito modifiche per trovare una migliore collocazione nell’assortimento. Una mossa utile per equilibrare le prestazioni e creare il medesimo gap di rendimento rispetto alle altre “calzature”. Il resto degli pneumatici ha subito quello che in gergo possiamo chiamare “fine tuning”, sommando valore alla resistenza meccanica. In altre parole, Pirelli ha lavorato per ridurre il graining, un fenomeno che si genera nel momento in cui sollecitazioni troppo alte danno vita a delle micro fratture sul battistrada, abbassando repentinamente l’aderenza del compound.
Stesso discorso per l’overheating, cercando di limitare a livello intrinseco la tendenza delle gomme a scaldarsi in maniera eccessiva. Ambedue i tratti distintivi andranno studiati dai team. Cambieranno pertanto attivazione e modalità per amministrare le gomme, sia in qualifica che sulla distanza dei 300 km, quando le monoposto imbarcano un alto quantitativo di carburante a bordo. Un aspetto che non va sottostimato, poiché le coperture restano l’unico punto di contatto dell’auto con il piano di riferimento e, proprio per questo, saperle amministrare meglio, rispetto ai competitor, offre benefici non da poco. C’è pure la Pirelli C6, novità per il campionato 2025 sulla quale abbiamo già realizzato uno scritto fruibile sulle nostre pagine.
Pirelli, gomme 2026: la FIA somma difficoltà nel testare il prodotto sulle mule car
Parallelamente si lavora sulla stagione 2026. Proprio nella giornata odierna, a Barcellona, due storiche scuderie scendono in pista. Parliamo di Ferrari e McLaren che, al Montmelò, testeranno le coperture 2026 per la Pirelli. In F1 le simulazioni sono oramai fondamentali per i team. La scarsa occasione per testare le monoposto sui circuiti ha reso il campo ipotetico altamente necessario. Il Cavallino Rampante ha scelto di utilizzare la SF-24, vettura vice-campione del mondo. Si tratta di una “mule car”, però, in quanto porta con sé diverse modifiche strutturali per simulare il prossimo regolamento. Il costruttore con sede nel quartiere della Bicocca, inoltre, ha fornito il nuovo modello matematico della gomma.
Lo scopo del test è quello di fornire precisi feedback alla Pirelli per validare, in maniera progressiva, gli studi effettuati al simulatore. Una volta realizzata la raccolta dati, si passa allo studio per certificare se il range di utilizzo e la competitività del prodotto è quello atteso. Da questo vengono generati successivi “loop“, fornendo un ulteriore modello evoluto. È un po’ questo l’impegno profuso che, come possiamo immaginare, data l’assenza di una reale vettura normata dal regolamento 2026, rende il compito assai complicato. L’obiettivo è quello di trovare un match tra varie scuderie che, avvalorando tesi simili, approvino il prodotto e indichino a Pirelli la strada progettuale da seguire.
Tuttavia, esiste una questione che rende la faccenda piuttosto ardua, in quanto le “mule car”, ovviamente, non sono tutte uguali. Non esiste un modello di riferimento. Inoltre, la FIA nutriva dei dubbi sui possibili benefici, temendo che i vari team potessero già testare su pista, con largo anticipo, elementi delle vetture in chiave 2026. Per questo nel regolamento tecnico è stata inserita una direttiva creata “ad hoc”, nel tentativo di inibire possibili manovre degli ingegneri nel provare elementi futuri. Una scelta che però si contrappone ai bisogni di Pirelli, che potrebbe trarre riscontri decisamente più efficaci se le auto potessero già montare componenti del corpo normativo 2026.
F1, Pirelli: il nuovo range di durezza resta in attesa di feedback
In ultima istanza, parliamo dell’omologazione relativa alle mescole. Al momento non esiste un intervallo di valori sul quale costruire la gamma delle prossime coperture. D’altra parte, è una decisione di difficile lettura, in quanto l’attuale “scalatura” relativa al range utilizzato potrebbe non essere valida per il 2026. Si tratta di capire, rievocando la frase storica di Mattia Binotto quando dirigeva la Ferrari. In pratica, sino a quando non si avranno riscontri più precisi sulla competitività delle monoposto future, decidere la configurazione tecnica dei compound è praticamente impossibile. Il tutto è fortemente legato alle prestazioni delle auto di prossima generazione.
Diciamo questo in quanto la durezza degli pneumatici dovrà essere scelta in base alle velocità di punta raggiungibili e al grado dei carichi laterali che le vetture saranno in grado di sostenere. Mario Isola, tramite le analisi della Pirelli, non si aspetta una differenza di rendimento molto alta tra le monoposto 2026 e quelle odierne. Tuttavia i dubbi permangono. Lo testimoniano le parole di vari tecnici di élite, tra i quali il genio di Stratford-Upon-Avon. Quel Adrian Newey che proprio in queste settimane inizierà a lavorare sul nuovo corpo normativo. Secondo il britannico le differenze ci saranno eccome, almeno nella maniera di interpretare e raggiungere le prestazioni richieste.
Fonte: Getty Images4 set di pneumatici Pirelli che McLaren ha preparato per le sessioni in pista – GP Messico 2024
Deduzione dalla quale possiamo comprendere quanto tutto sia ancora parecchio fumoso, almeno sotto certi aspetti. Pirellista dando il massimo, idem le squadre nel supportare il gommista italiano. Secondo le informazioni raccolte dalla nostra redazione, però, la produttività delle auto in curva, almeno per il mondiale 2026, sarà ben lontana da quella attuale, e dovrà essere compensata dalle top speed. Per questa ragione esiste nel regolamento l’aerodinamica attiva, utile ad abbattere la resistenza all’avanzamento. Stessa cosa per quanto concerne la modalità override, utile a mantenere la potenza massima del motore per più tempo. Per concludere, un’ulteriore perplessità: Pirelli potrà modificare le gomme se le cose non andranno nel verso giusto, ma solo per il mondiale 2027…