AGI – La ‘base’ era nel Napoletano, ma la banda operava in tutta Italia prendendo di mira anziani. Telefonate con finti avvocati e finti marescialli dei carabinieri, che avevano come obiettivo farsi consegnare gioielli e denaro. Sono 29 gli indagati destinatari di misure di custodia cautelare emesse dal gip di Genova e notificate a Napoli e provincia, ma anche a Torino e Caserta, dai veri carabinieri, quelli del Comando Provinciale di Genova. Gli indagati sono tutti originari del napoletano e devono rispondere di associazione per delinquere finalizzata alle truffe in danno di anziani. Per 21 il gip ha disposto il carcere, per 5 i domiciliari e per 3 l’obbligo di presentazione alla polizia giudiziaria.
L’indagine si chiama 2 ottobre, in onore della Festa dei Nonni, data l’età avanzata delle vittime, e nelle notifiche dei provvedimenti sono stati coinvolti oltre 150 carabinieri dei Comandi Provinciali di Genova, Napoli, Torino e Caserta. L’inchiesta del Reparto Operativo – Nucleo Investigativo del capoluogo ligure, coordinate dalla Procura della Repubblica genovese, hanno permesso di individuare un gruppo criminale con a capo una coppia, Alberto Macor e Marica Mastroianni, con precedenti di polizia anche specifici. Ma il gruppo era strutturato, con ‘batterie’ operative diverse i cui componenti si incontravano e si aiutavano vicendevolmente. Contestati agli indagati complessivamente 54 episodi di truffe pluriaggravate (45 consumate, 9 tentate) tra aprile 2022 e marzo 2024, per bottino complessivo di oltre 700.000 euro.
Nel corso dell’indagine, arrestate 20 persone e 4 denunciate per truffa e tentata truffa aggravata. Altri 13 ‘colpi’ sono stati sventati e recuperato denaro e monili in oro per un valore di circa 90.000 euro. Lo schema era sempre lo stesso. Le vittime vengono contattate telefonicamente da sedicenti marescialli dei carabinieri o avvocati che riferiscono che il figlio o il nipote dell’anziano ha provocato un incidente stradale in cui è rimasta gravemente ferita una persona e che per evitare l’arresto del parente è necessario pagare immediatamente una cauzione per risarcire il ferito.
Acquisita l’intenzione di aiutare il parente in grave difficoltà, il truffatore spinge la vittima a mettere a disposizione il denaro e i gioielli presenti in casa. Il falso maresciallo o avvocato comunica al truffato che entro un breve lasso di tempo un finto carabiniere o assistente dell’avvocato la raggiungerà a casa per ritirare il contante e i preziosi. Il telefonista, fino a quando il ‘corriere’ non avrà ritirato il denaro, continua a intrattenere al telefono la vittima, rimarcando la gravità dei fatti e il poco tempo disponibile per risolvere la situazione. In questo modo riesce ad avere un controllo totale del truffato dal punto di vista psicologico e delle azioni da lui compiute, evitando così che la vittima possa avere contatti telefonici con amici e parenti.
La coppia organizzava nei dettagli le modalità per la realizzazione delle truffe, utilizzando anche alcune abitazioni e B&B come call center da cui effettuare le chiamate, reclutatando i ‘telefonisti’ e i ‘trasfertisti’, trovando i mezzi con i quali raggiungere la zona da colpire e le abitazioni delle vittime, stabilendo le modalità di soggiorno dei truffatori. Macor e Mastroianni decidevano la zona da colpire, individuavano B&B dove far soggiornare i ‘trasfertisti’, che partivano da Napoli già nel pomeriggio/sera della domenica per poi rimanere fuori città generalmente fino al sabato.
I carabinieri hanno verificato che, per gli spostamenti, oltre a treni e taxi, i ‘trasfertisti’ hanno spesso utilizzato auto prese a noleggio da agenzie compiacenti dislocate nel napoletano. Il collegamento tra i ‘telefonisti’ che chiamano da Napoli e i ‘trasfertisti’ avviene attraverso telefoni cellulari dedicati di vecchia generazione, con utenze intestate a cittadini extracomunitari irreperibili, oppure utilizzando smartphone in abbinamento ad utenze intestate a prestanome, comunicando solo mediante social network e chat varie.
La truffa iniziava con ‘chiamate filtro’, telefonate di brevissima durata a utenze fisse della località, che la coppia decideva di prendere di mira per quella giornata. Telefonate, effettuate solitamente da Vittorio De Filippo e Gabriele Faiano, che avevano l’unico scopo di individuare preventivamente le utenze in uso a anziani, comprendendolo dalla voce di chi rispondeva. Fatta questa scrematura tra le innumerevoli utenze prese di mira, viene valutato se proseguire nell’esecuzione della truffa, dando il numero a uno dei due promotori che gestiscono la fase successiva fingendosi maresciallo e avvocato. Un ulteriore complice fa da connettore tra i ‘telefonisti’ e il ‘trasfertista’ che già si trova nelle città/paesi scelti quali obiettivi.
Il gruppo si definiva “squadra”, “paranza” (in gergo criminale afferente un gruppo criminale) o “banda”, i cui capi venivano chiamati rispettivamente “la boss” e “o’ Mast” (il capo).