Non c’è più niente da fare. Le speranze dei lavoratori in un dietrofront – a onor del vero, diventato sempre più improbabile – si spengono definitivamente. Con una nota ufficiale, Audi comunica la chiusura dello stabilimento di Bruxelles: il 28 febbraio 2025 calerà il sipario, dopo i deludenti dati commerciali.
Le poche vendite della Q8 e-tron, prodotte in Belgio, hanno avuto un peso determinante. Ormai il complesso era diventato insostenibile, a causa dei limiti operativi e dei costi connaturati, un fardello troppo grande da sorreggere a lungo andare.
La resa
L’annuncio assume il sapore amaro della resa, giunta in seguito a una dura battaglia. Perché i funzionari della Casa hanno provato in ogni modo a riportare la vettura sui binari giusti. Tuttavia, la ricerca di investitori, incluse aziende cinesi, si è conclusa con un nulla di fatto. Senza la sostenibilità economica delle alternative, la strategia di adattamento al mercato subisce un grosso scossone.
Per decenni lo stabilimento ha rappresentato un punto cruciale. Situato al centro dell’Europa, ha tratto giovamento da una posizione geografica favorevole alla logistica. Oltre a soddisfare la domanda del Vecchio Continente, andava incontro alle richieste di altri territori. Dal 2018, è diventato pilastro dell’impegno di Audi verso l’elettrificazione.
La produzione del SUV e-tron e, in seconda battuta, della Q8 e-tron ha segnato una svolta epocale per il brand. Trasformata in un centro specializzato nella mobilità a zero emissioni, la fabbrica ha ricevuto investimenti significativi, al fine di implementare tecnologie innovative e processi produttivi a basse emissioni. Eppure, a dispetto della rilevanza storica e simbolica, diversi fattori non hanno lasciato vie di scampo.
Scelte da prendere
La domanda per i veicoli elettrici è rimasta inferiore alle stime degli analisti, complice una crescente competizione nel comparto dei SUV a batteria. Modelli più accessibili, proposti da compagnie sia europee sia asiatiche, hanno eroso le quote di mercato della gamma e-tron. In un processo di riorganizzazione interna e di contenimento dei costi, la direzione ritiene necessario voltare pagina.
“La decisione di chiudere la fabbrica di Bruxelles è dolorosa – ha affermato il responsabile della produzione di Audi, Gerd Walker -. Personalmente, è stata la decisione più dura che abbia mai dovuto prendere nella mia carriera professionale”. I sindacati avevano già messo in guarda i dipendenti negli scorsi mesi. Ronny Liedts (Acv-Csc) aveva definito “probabile che gli operai perdano il loro lavoro: l’unica cosa che la dirigenza vuole fare è chiudere l’impianto il più rapidamente possibile. Nessuna delle alternative funziona per loro”.
La chiusura dello stabilimento di Bruxelles non è un caso isolato, ma parte di un quadro più ampio che coinvolge l’intero gruppo Volkswagen. Il suo futuro è legato a decisioni cruciali, attese nelle prossime settimane, che potrebbero influenzarne in maniera profonda l’organizzazione strategia.
Tra le questioni sul tavolo, spicca la possibilità di ulteriori poli produttivi, come quelli di Dresda e OsnaBrück, già al centro di discussioni interni. Considerate poco competitivi, entrambe le strutture potrebbero subire drastici ridimensionamenti se non addirittura la cessione delle attività. Entro Natale, si attendono risposte chiare: il complesso dovrà dare prova di saper bilanciare innovazione e responsabilità sociale.