• 23 Dicembre 2024 11:55

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Due ricorrenze al Toro ma la voglia di festeggiare non c’è. Serve aria fresca

Dic 2, 2024

AGI – Domani il Torino calcio festeggia i suoi 118 anni di vita sportiva mentre da oggi Urbano Cairo entra nella storia perché del club è diventato il presidente più longevo. Due ricorrenze che cadono in uno dei momenti più tetri della società, giunta al livello più basso di gradimento con la squadra che domenica ha collezionato l’ottava sconfitta nelle ultime dieci partite (contiamo anche il ko casalingo contro l’Empoli che segnò l’eliminazione dei granata dalla Coppa Italia). Una involuzione tecnica e di risultati che, statistica alla mano, significa soltanto retrocessione in serie B.

 

L’Urbano Cairo dei primi anni, quando ancora aveva dalla sua il consenso del popolo granata e si divertiva a cambiare direttori sportivi e allenatori come fossero calzini, avrebbe da tempo esonerato il tecnico Paolo Vanoli, fortemente strappato al Venezia post promozione, con tanto di penale pagata. Adesso, forse perché consapevole di avergli messo a disposizione una squadra più debole e disorganica di quella che lo scorso anno, con Juric in panchina, mancò di un pelo il traguardo della Conference League, Cairo non può permettersi di cacciare Vanoli a meno di nuovi e ulteriori sconquassi che dovessero scaturire dalle due prossime trasferte contro il Genoa e l’Empoli.

 

Teoricamente l’obiettivo della società è quello di cercare di mettere in cascina qualche punticino utile per smuovere la classifica e sperare di arrivare al mercato di gennaio per rinforzare la squadra. Il fatto è che, al di là degli sforzi che Vanoli fa durante la settimana per preparare una formazione decente da schierare poi in campo, i giocatori non ne azzeccano più una. L’ultimo esempio lampante è quello di Coco che contro il Napoli, invece di segnare a occhi chiusi, avendo a disposizione tutta la porta avversaria, si è inginocchiato goffamente sul pallone manco fosse una foca monaca. Solo al Toro si possono vedere queste scene horror.

 

Forse servirebbe un esorcista per ridare un po’ di linfa a questi atleti che stanno perfino disimparando il mestiere per il quale sono lautamente pagati. Giocatori che – altro mistero di difficile soluzione – vengono regolarmente convocati dalle rispettive nazionali e che invece nel Torino passano il tempo a scaldare la panchina o, al massimo, giocano mezza partita salvo poi essere sostituiti per eccesso di mediocrità. Difficile, dunque, capire fino a che punto sia davvero responsabile l’allenatore il quale, dal suo punto vista, le sta provando davvero tutte per trovare una quadra.

 

Dal canto suo, il popolo granata in questo momento coltiva una sola speranza: che Cairo faccia le valigie il prima possibile, dopo aver detto di essere disposto a cedere il club a qualcuno più ricco e più bravo di lui, e che davvero arrivi una proprietà che sappia ridare al Toro, prima di tutto, dignità e orgoglio, valori tante volte calpestati in questi ultimi anni. Ai risultati ci si penserà la prossima volta. 

AGI – Domani il Torino calcio festeggia i suoi 118 anni di vita sportiva mentre da oggi Urbano Cairo entra nella storia perché del club è diventato il presidente più longevo. Due ricorrenze che cadono in uno dei momenti più tetri della società, giunta al livello più basso di gradimento con la squadra che domenica ha collezionato l’ottava sconfitta nelle ultime dieci partite (contiamo anche il ko casalingo contro l’Empoli che segnò l’eliminazione dei granata dalla Coppa Italia). Una involuzione tecnica e di risultati che, statistica alla mano, significa soltanto retrocessione in serie B.
 
L’Urbano Cairo dei primi anni, quando ancora aveva dalla sua il consenso del popolo granata e si divertiva a cambiare direttori sportivi e allenatori come fossero calzini, avrebbe da tempo esonerato il tecnico Paolo Vanoli, fortemente strappato al Venezia post promozione, con tanto di penale pagata. Adesso, forse perché consapevole di avergli messo a disposizione una squadra più debole e disorganica di quella che lo scorso anno, con Juric in panchina, mancò di un pelo il traguardo della Conference League, Cairo non può permettersi di cacciare Vanoli a meno di nuovi e ulteriori sconquassi che dovessero scaturire dalle due prossime trasferte contro il Genoa e l’Empoli.
 
Teoricamente l’obiettivo della società è quello di cercare di mettere in cascina qualche punticino utile per smuovere la classifica e sperare di arrivare al mercato di gennaio per rinforzare la squadra. Il fatto è che, al di là degli sforzi che Vanoli fa durante la settimana per preparare una formazione decente da schierare poi in campo, i giocatori non ne azzeccano più una. L’ultimo esempio lampante è quello di Coco che contro il Napoli, invece di segnare a occhi chiusi, avendo a disposizione tutta la porta avversaria, si è inginocchiato goffamente sul pallone manco fosse una foca monaca. Solo al Toro si possono vedere queste scene horror.
 
Forse servirebbe un esorcista per ridare un po’ di linfa a questi atleti che stanno perfino disimparando il mestiere per il quale sono lautamente pagati. Giocatori che – altro mistero di difficile soluzione – vengono regolarmente convocati dalle rispettive nazionali e che invece nel Torino passano il tempo a scaldare la panchina o, al massimo, giocano mezza partita salvo poi essere sostituiti per eccesso di mediocrità. Difficile, dunque, capire fino a che punto sia davvero responsabile l’allenatore il quale, dal suo punto vista, le sta provando davvero tutte per trovare una quadra.
 
Dal canto suo, il popolo granata in questo momento coltiva una sola speranza: che Cairo faccia le valigie il prima possibile, dopo aver detto di essere disposto a cedere il club a qualcuno più ricco e più bravo di lui, e che davvero arrivi una proprietà che sappia ridare al Toro, prima di tutto, dignità e orgoglio, valori tante volte calpestati in questi ultimi anni. Ai risultati ci si penserà la prossima volta. 

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